Di Riccardo Esposito | Pubblicato il - Aggiornato il
Per trasformare una passione in lavoro devi iniziare un percorso formativo e approfondire i tempi che ti permettono di offrire un servizio. Poi devi fare esperienza e trovare un posto di lavoro che valorizzi il tuo profilo.
Forse conosci quel proverbio che tutti i freelance sbandierano per dare un senso alle proprie giornate: “Trasformare una passione in lavoro per non lavorerai più”. Qual è il senso di questa frase? Perché la ritroviamo sulla bocca di chi ha partita IVA?
Perché con la passione si possono affrontare tante difficoltà messe insieme. Il freelance è un maratoneta, non può fermarsi e non può avere incertezze. Deve sopportare una pressione fiscale infinita, e non può delegare: deve affrontare tutto.
Penso ai ragazzi che si descrivono come serial entrepreneur o altre sigle sfavillanti: siete anche account, passacarte, fattorini. Oggi la passione per quello che fai ti aiuta a fare passi in avanti, a smuovere la situazione. Ma non diventerà mai un lavoro.
Non potrai mai trasformare la tua passione in un lavoro. E non potrai mai crogiolarti al sole o trascorrere sei mesi all’anno in giro per il mondo, mentre ti godi i soldi guadagnati in una manciata di settimane. La passione è una scintilla indomabile.
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Cosa serve per trasformare la passione in lavoro?
Come dipendente non hai la possibilità di esprimere al massimo la tua creatività. In qualche caso vieni stroncato senza mezze misure: devi eseguire dei compiti.
E lo devi fare bene, senza errori. Però ti viene chiesto di essere creativo. Devi essere produttivo, concreto, pratico. E allo stesso tempo devi essere un vulcano di idee. Tutte fruttuose. Scambiano il copy per un distributore automatico di headline, il grafico per un logo generator e un SEO per un telefono diretto con Google.
No, non va bene così. Allora scegli la strada freelance perché ami il tuo lavoro, e credi di avere buone carte da giocare: devi solo avere la possibilità di esprimere le tue capacità. Senza limiti, senza le tare e le zavorre del lavoro dipendente.
Perché questa è l’azienda per molti: un luogo dove sviluppi consapevolezza della tua passione. Hai bisogno di libertà, di una partita IVA e di un rapporto intimo con le competenze. Questa è la strada per trasformare passione in un lavoro.
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A volte non basta la passione per un lavoro
Credi che l’indipendenza sia la soluzione giusta per far fruttare la tua passione. Certo, hai dei margini ampi. Puoi lavorare in prima persona per ottenere dei vantaggi reali: muovi i fili, le scelte dipendono da te. E questo è il primo scoglio da superare.
Non si tratta solo di fare ciò che ti piace. Essere freelance non significa avere una scatola di pennarelli per imbrattare il foglio bianco come credi. Qui devi fare delle scelte, devi prendere delle decisioni operative che prescindono dalla passione in senso stretto. Ti piace scrivere? Perfetto, lo puoi fare. Anzi, lo devi fare ma devi anche:
- Vendere la tua arte.
- Difendere la tua arte.
- Migliorare la tua arte.
Come suggerisce Seth Godin, oggi devi essere un artista e non un semplice operatore. Chi svolge un compito non ha futuro, va avanti solo chi riesce a dare personalità al proprio lavoro. Ma non puoi ragionare come un artista.
Devi essere un commerciale, devi vendere la tua arte al miglior offerente. Devi saper fiutare affari e fregature, devi mettere al sicuro le competenze per farle fruttare. E le devi migliorare: devi essere in grado di capire con chi lavorare.
Cambiare modo di lavorare per soldi
Altri pensano di lavorare solo per guadagnare online. Questo è un problema tipico: l’attenzione si ferma solo sulla monetizzazione, sul vedere il cliente come una fonte di denaro. Ignorando cosa si trova dietro alle sue esigenze.
Come cambiare modo di lavorare? Non lavorando gratis, non è questo il punto. Anzi, io credo che un professionista debba farsi pagare il giusto e non scendere a compromessi. Ma chiediti: cosa sta avendo il cliente grazie al mio contributo?
Prima ho detto che devi provare a essere speciale, un artista nel tuo lavoro. Lo confermo con forza. Devi imparare a fare qualcosa che nessuno sa fare e che hai inventato tu per portare vantaggi concreti a chi ha deciso di farsi seguire da te.
Vuoi leggere un libro che cambierà il tuo modo di pensare e immaginare il lavoro? Tutto quello che dico in questo articolo nasce da una lettura: La Mucca Viola di Seth Godin.
Dal mio punto di vista è il libro cardine della produzione di Seth Godin: anche se i concetti sono stati ripresi in altri testi, e da altri autori, la semplicità è decisiva per trasmettere dei concetti che fanno la differenza.
Fare della propria passione un lavoro
Questo non è un tutorial che ti guida verso la soluzione di un problema. Questa è una riflessione che punta a disintegrare le certezze del lavoro stabile online.
Devi rimodellare il tuo lavoro
Perché sul web tutto è in continuo movimento e devi essere sempre pronto a cambiare il tuo modo di lavorare. Che tu sia un blogger o un SEO non ha importanza: esistono regole di base. Queste sono delle certezze che rimangono invariate.
Ma le micro-mutazioni sono continue. E devono essere integrate perché il lavoro stabile non esiste. Non oggi almeno, e non sul web. Ma perché temiamo tutto ciò?
Il timore di fare il passo giusto
Questa è l’atavica paura di tutto ciò che non conosciamo, dell’ignoto. Paura e attrazione, meglio precisare, perché queste sono le facce di una stessa medaglia: temiamo e allo stesso tempo siamo attratti da quello che non conosciamo.
La mia idea è questa: dobbiamo superare i timori, essere pronti ad accettare le novità che fanno parte del nostro lavoro sul web, tentare nuove strade e sbagliare.
Dimenticare il lavoro stabile
Perché c’è sempre un grande bisogno di sbagliare e imparare. Il lavoro stabile non ti permette di muoverti in questa direzione. Di conseguenza? Cosa accade?
Alimenta la tua creatività, leggi, guarda, informati, parla con il tuo vicino o con i tuoi contatti dall’altra parte del globo. E ricordati le ultime frasi del discorso di Steve Jobs a Stanford avvenuto diversi anni fa: stay hungry, stay foolish.
La passione è solo una parte dell’equilibrio
La passione è necessaria. Ma rappresenta una parte del gioco, non puoi pensare che tutto si traduca in una traslazione: trasformare la tua passione in lavoro. Ok, io l’ho fatto. Però ci sono aspetti della mia professionalità che eviterei con gran piacere.
Il lavoro di account, ad esempio. Lo odio ma non posso ignorarlo. Una soluzione ci sarebbe: evoluzione. Passare da freelance alla dimensione aziendale. Devi assumere persone che facciano una parte del tuo lavoro, quella che detesti.
- Tasse.
- Scadenze.
- Responsabilità.
Tutto questo come si collega con la passione? Puoi puntare tutto su questo punto? No, la passione è decisiva per non mollare e per trovare la forza di rialzarti quando cadi. Ma il lavoro resta tale: il guadagno economico è frutto di una serie di attività che prescindono dal piacere e dalla volontà del singolo. La passione è arte, ma per portare a casa la pagnotta devi scavare la trincea. E combattere a denti stretti.
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Fare della propria passione un lavoro
Il lavoro è sinonimo di passione, ma non solo. C’è l’impegno quotidiano. E ci sono le seccature, gli inconvenienti, le scadenze, i lavori che devi accettare per far quadrare i conti, i clienti che devi mantenere anche se non ti lasciano creatività.
Sostenere una partita IVA non è facile: all’inizio cerchi solo i clienti adatti alle tue esigenze. Perché vuoi trasformare la passione in lavoro. Poi ti rendi conto che se non fatturi chiudi i battenti. Quindi trovi il giusto compromesso. Sbaglio? Sei d’accordo?
Categoria: Lavoro online
Ciao Riccardo, concordo appieno con te, in effetti la vita da lavoratore autonomo, da libero professionista non è affatto rose è fiori. È vero che la passione ti tiene in piedi, e ti fa superare mille difficoltà, è altrettanto vero che non è affatto facile… ed in alcuni momenti non è affatto facile arrivare alla fine del mese… bisogna dire le cose come stanno… non so te, ma per me ogni giorno è come dire “inizio da capo”…
Esatto, se vuoi trasformare la tua passione in lavoro devi ragionare così.
Tutto vero, quel che dici, sì. Ogni giorno combatto con l’idea della pressione fiscale, ma anche quella psicologica: il dover reinventarsi ogni giorno, combattere con chi non vuole pagare o vuol pagare troppo poco, fare PR per trovare nuovi potenziali clienti e coltivare quelli già esistenti, ma soprattutto combattere la frustrazione che, più di ogni altra cosa, viene dal fatto che spesso e volentieri ci sono parecchie persone che, quello che per te è una professione a tutti gli effetti, loro la svolgono come hobby/secondo lavoro IN NERO e non percependo alcuna retribuzione. E magari son pure bravi, tanto di cappello! E allora, a parità di bravura, di esperienza, di competenze, spesso certuni preferiscono ingaggiare chi non devono pagare, chi al massimo ti chiede due spicci per una pizza o mezzo pieno di benzina per l’auto. Sì, io chiedo una retribuzione e ci faccio una fattura. E pago l’affitto di casa, le bollette etc…
Quando parli con potenziali clienti, ti vien detto: “sì, complimenti, ottime referenze, ottime credenziali, il tuo lavoro mi piace tantissimo, ma non possiamo pagarti. Se ti va, ti pubblichiamo ugualmente, è sempre visibilità!
Io dico no. Ma poi c’è il pincopallo di turno che dice: “Sì, ci sto, basta che mi pubblichi”. E vai con le pubblicazioni. Gratis. Pincopallo pubblica, io no. O meglio, pubblico altrove, con tante difficoltà del caso. E Pincopallo allora passa, agli occhi della gente, come un professionista, solo perché mostra in giro le sue pubblicazioni, ma la gente non lo sa che lo fa aggratise e che lo stipendio dell’altro lavoro gli arriva in tasca ogni mese, senza pensieri!
La passione non basta a far di Pincopallo un professionista, ma Pincopallo passa per tale, senza frustrazione alcuna, a differenza di chi Professionista lo è davvero.
Nella Professione, non ci vuole solo passione, ci vuole soprattutto professionalità e, come hai detto tu, la propria arte va difesa, anche contro gente come Pincopallo e chi poi preferisce Pincopallo a te perché risparmia!
L’amara realtà. Così però ci scoraggi un po’ a diventare freelance. Che sia la nuova frontiera delle strategie per limitare la concorrenza? 😉
Vi metto in guardia: qua fuori è un brutto mondo. Non è facile lavorare come freelance, ci sono tanti ostacoli da superare.
Ciao Riccardo, non ci conosciamo.
Con piacere, ti leggo da qualche tempo sul blog e sui social. Oggi, mi hai fatto venir voglia di commentare.
Leggendo questo articolo, ho provato due sensazioni. La prima: una tua necessità più pragmatica di riempire un post scandendo, preciso, il tuo calendario editoriale.
La seconda, più profonda di “sofferenza da autodisciplina”.
Lungi da me fare paternali o psicologia spicciola, non ho né le competenze, né i titoli, ma ho notato che hai usato il verbo “dovere” così tante volte che forse la tua idea di professionista freelance rasenta una perfezione quasi irraggiungibile.
Se i tanti “devi” (devo), che hai scritto diventassero invece “scelgo/scegli” (vorrei)?
Forse tutto il post assumerebbe un significato diverso, più positivo e responsabilizzante e, allo stesso tempo, meno scoraggiante per i neo freelance.
C’è un bel libro: So good they can’t ignore you di Cal Newport, dove l’autore sostiene che la passione sia una variabile sbagliata per scegliersi un lavoro. La parola giusta, a suo dire, dovrebbe essere “competenza”, a cui io aggiungerei anche “perseveranza”.
Si deduce quindi che la passione nasce dalle proprie competenze e dalla gratificazione che si ottiene nel fare sempre meglio qualcosa.
Insomma fare il freelance è un po’ come fare lo scalatore, si rimane tali solo andando in salita e si ricomincia da capo non appena si è raggiunta la vetta.
Marzullo te la chiederebbe cosi: “Lei, Riccardo Esposito, vuole essere di più: un libero professionsta o un professionista libero?”
Dovere.
Uso spesso questa formula perché negli articoli rappresento il mio punto di vista. Per me è un dovere, poi ognuno prende decisioni individuali. Io sono un libero professionista che punta a diventare un professionista libero: tu invece?
Ho scelto di essere un professionista libero, che libera professionisti.
Non è semplice né per me, né per loro. Si va sempre in salita e come dici tu: è un brutto mondo qua fuori. 😉 Ciao
E come liberi i professionisti?