Di Riccardo Esposito | Pubblicato il - Aggiornato il
Facciamo finta che qualcuno, all’improvviso, ti offra un contratto stabile. Un lavoro a tempo indeterminato nel settore che ami. Non devi reinventarti o trovare nuovi clienti online. La domanda: perché rinunciare al posto fisso?
Assurdo. Che suono assurdo ha questa parola alle tue orecchie, vero? In-de-ter-mi-na-to. Il suo significato rimanda a una continuità temporale, a un qualcosa che non conosce (che non conosceva) interruzione. Ma perché rinunciare al posto fisso? Il lavoro non manca: devi solo accettare. Ma lo devi fare ora. A tempo indeterminato.
I motivi per rimanere freelance
Indice dei contenuti
È arrivata la routine del lavoro in ufficio con tutto ciò che ne deriva: il capo, i superiori, i colleghi, i task da seguire, gli impegni da portare a termine. Una bella situazione, però ti andava stretta. Così hai deciso di puntare sul lavoro freelance. Ti hanno messo in guardia, ti hanno detto: “Attenzione che sono gioie e dolori” ma hai seguito il tuo istinto.
Hai aperto una partita IVA perché volevi essere il perno della tua vita professionale. Niente regole da seguire, volevi trasformarti in una stella polare. Non hai neanche pensato a rinunciare al posto fisso.
Ma devi pagare le tasse, far quadrare i conti, trovare nuovi clienti, svolgere tutte le operazioni che prima venivano smistate ad altre figure (segreteria, contabilità, account). Alla fine devi anche lavorare, e diventi uno Yes Man.
Non è facile da ammettere ma devi accettare piccoli e grandi compromessi. Perché quel cliente ti fa comodo e non vuoi perderlo, perché hai delle spese da sostenere e quindi hai bisogno di incassare. A volte un cliente non lo vuoi perdere.
Tutto questo ti porta ad accettare situazioni al limite. Inizi lentamente, acconsentendo a una piccola eccezione sul percorso stabilito.
Accetti o non accetti? Il primo contrasto si risolve con una concessione da parte tua, vuoi mostrare buon senso. Anche perché non è un’esigenza in grado di mettere in pericolo la tua attività. In realtà hai segnato la tua condanna: hai mostrato il punto debole, il cliente ha individuato una crepa. Sei influenzabile e questo vuol dire che:
- Riconosci la sua autorevolezza.
- Sei sensibile al potere economico.
Molti clienti non hanno bisogno di un consulente, ma di qualcuno che confermi il loro punto di vista. E in una situazione (magari perché sei all’inizio o hai bisogno di quel lavoro) accetti qualsiasi cosa, anche condizioni che vanno oltre la deontologia.
Per approfondire: come creare un buon preventivo
Questo è lo scenario peggiore
Io credo che un professionista del web debba mettere in campo un buon equilibrio. Da un lato ci sei tu con le tue competenze e la tua professionalità, dall’altro c’è la realtà dei fatti. Non devi accettare le lusinghe e le richieste del cliente online.
I clienti spingono verso richieste fuori dalla norma. Al tempo stesso i consulenti non riescono a puntare sulla pratica e a uscire dalla bolla teorica legata agli studi.
La teoria è importante, ma spesso non ti permette di lavorare con i piedi per terra: ci sono budget da rispettare, equilibri interni e gerarchie che nessun libro affronta.
Il consulente a volte viene accolto come un innovatore ma nella maggior parte dei casi è un individuo che non conosce la realtà. Quindi non può sapere fino in fondo di cosa ha bisogno l’azienda. Soprattutto quando sottolinea qualcosa di scomodo.
Meglio dire (a te stesso e agli altri) che hai spagliato consulente, impossibile bocciare decisioni sedimentate nella storia dell’azienda. Quindi il consulente viene messo all’angolo: trasformarsi in un esecutore o abbandonare il campo.
Il rifiuto della grande offerta
C’è qualcosa di più utopico di una proposta di lavoro a tempo indeterminato? Certo, è chiaro: un freelance che rifiuta un’offerta di lavoro a tempo indeterminato.
Il posto fisso è un bene inestimabile, una cometa che passa una volta nella vita. Ma può essere un’offerta allettante per un freelance che affronta un momento difficile, non per il freelance che ha investito tutto nella sua libertà.
Tantomeno per il freelance che ha creato un sistema di guadagno virtuoso. E, attraverso il sudore della fronte, sta raccogliendo i frutti della sua attività.
Facciamo un esempio concreto
Io (seguendo l’esempio di ProBlogger) ho creato un sistema per diversificare le mie fonti di guadagno. Lavoro come webwriter e come blogger, ma organizzo anche webinar, vendo spazi pubblicitari, faccio formazione e partecipo agli eventi.
Per riuscire a fare tutto questo ho seguito un percorso evolutivo. Ho studiato, ho mangiato la polvere, ho fatto esperienza. Anche lavorando gratis. Perché non si diventa grandi da un giorno all’altro, e i trucchi non te li fa vedere nessuno.
Da leggere: come affrontare la vita freelance
Cambio il mio posto fisso
Io non ho risposte. Io sono qui per innescare una riflessione. Per questo mi rivolgo a te: rinunceresti al posto fisso? Ti lasceresti scappare un lavoro a tempo indeterminato per quel valore superiore (dal tuo punto di vista) chiamato libertà?
Categoria: Lavoro online
Che domandona! Me lo sono chiesto sin troppe volte. La vera trappola è la paura: se da un lato non tutti siamo bravi nell’autopromozione, e quindi non siamo certi che quello che abbiamo da dare sia appealing, o temiamo che la gestione sia difficile, dall’altro il lavoro fisso è una bella trappola, la mela di Adamo che in cambio della certezza di pochi spicci (perché a fronte di 8,9,10 ore in una scatola chiusa qualunque stipendio è di pochi spicci) ci chiede la vita. Morale della favola? Io ho un lavoro fisso. Sogno il freelance.
Beh dipende.
Io sono ( in teoria) grande fan dell’essere freelance. Come free lance sono più concentrata, più produttiva, più motivata e più proattiva.
Ah, e anche meno depressa.
Da quando ho il posto fisso mi sono sicuramente spenta.
E sono (lavorativamente parlando) meno felice.
Perchè ho fatto il salto, allora?
Perchè lavoravo in un settore (il giornalismo) in mano a una casta (l’ordine) che ragiona con logiche vecchissime e per tutelare gli assurdi privilegi acquisiti da pochi mette delle irragionevoli barriere all’entrata per i nuovi.
Perchè, giornalismo a parte, questo paese sembra voler ostacolare chi ha voglia di lavorare, e di farlo in proprio: gli anni di p.iva sono stati un incubo perenne di anticipi inps, tasse varie ed eventuali e una forsennata attività di recupero crediti (perché farsi pagare è difficile anche oltre gli SCANDALOSI 90 giorni).
In più, con la partita iva un mutuo non me lo dava nessuno ( anche se guadagnavo abbastanza bene) e io volevo sposarmi e comprare una casa, pensa un po’ che sogno sovversivo.
Adesso che aspetto un bambino benedico dio ogni santo giorno di avermi mandato il tanto deplorato posto fisso.
So che è ingiusto, e so cosa passano le mie colleghe autonome in situazioni analoghe. Mi dispiace sinceramente, ma non ho visto nessuna altra opzione che farmi assumere per poter metter su una famiglia.
Quindi ti dico: in teoria hai ragione, che viva la libertà.
Purtroppo, oggi in Italia, se scegli la libertà lavorativa ti vincoli su mille altri fronti.
Non è un paese per i free-lance.
Ciao Riccardo,
Condivido completamente ciò che hai detto e considero poco stimolante la consapevolezza di fare per tutta la vita quel determinato lavoro..con quel determinato datore di lavoro. Il lavoro da freelance ti permette di metterti in gioco completamente e di misurare le tue capacità ogni giorno. Il lavoro da freelance ti dà la possibilità di scegliere, o quanto meno considerare, quale sia la cosa giusta per te.
É per questi motivi, tra le altre cose, che ho deciso di lasciare il mio posto fisso a tempo indeterminato per intraprendere questa nuova avventura. Non l’ ho ancora fatto..ma ci sto lavorando . Anche per questo seguo il tuo blog!
15 anni da professionista dell’informatica presso un azienda, poi lei ha chiuso, mi sono messo a fare l’autonomo lavorando nel mondo dell’informatica e nel mondo dell’artigianato, mia grande passione.
Autonomo con tre figli che ogni tanto si ammalano, devono andare dalla logopedista, vogliono io vada alle partite di torneo del loro sport preferito … non potevo farlo da autonomo, sono tornato ad essere un dipendente, guadagno molto più che da autonomo, tutti i mesi entrano i soldi per campare più qualche hobby ,,, si la cosa appiattisce … allora ho cominciato con il mio blog notturno, tanto per far finta di fare qualcosa in libertà.
Con il mio blog sono veramente free (lance), srivo ciò che voglio, quando voglio e come voglio, non ci devo campare … e pensa che qualche articolo è stato letto migliaia di volte (la maggioranza una ventina di volte) ma alla fine ho trovato il mio equilibrio.
Non voglio dire che la tua idea è sbagliata, anzi … ma bisogna sapere cosa si vuole fare nella vita.
Io nell’ordine sono un papà, un dipendente … un hobbista.
Credo, sul tema, di poter dare un contributo.
Ebbene sì, io sono uno dei folli che ha rinunciato al posto fisso. E che posto fisso!
Se devo parlare con assoluta onestà, oggi che ho quasi 28 anni non riuscirei ad essere spericolato quanto 5 anni fa, ma di una cosa sono certo: non me ne pento.
Ero spento, senza entusiasmo, senza voglia di imparare (e quindi senza voglia di crescere), nervoso, insoddisfatto, insomma: di tutto tranne che felice.
Ho scelto di lasciare un gran posto fisso a 23 anni perché volevo laurearmi, perché volevo provare a lavorare nel mio settore, perché volevo provare a realizzare qualche sogno per quanto folle.
Sono leggermente fuori fuoco rispetto alla discussione perché non ho lasciato il posto fisso per fare il libero professionista, ma semplicemente perché sentivo di avere ancora una strada – diversa – da percorrere.
Oggi, dopo un cammino tortuoso e tutt’altro che semplice, e dopo che questo Paese mi ha spinto qualche volta a pensare (senza crederci fino in fondo) “ma chi me l’ha fatto fare”, sto pensando di tuffarmi nell’avventura della libera professione.
Amo scrivere, amo il web, amo i social media e da questo punto di vista alcuni consigli di Riccardo e la lettura quotidiana dei suoi articoli mi danno la forza di credere che sia possibile.
Forse inseguo un’utopia, ma nella vita ho imparato che non ci volta indietro. E allora meglio una vita a rincorrere cliente che una vita rinchiusa in un ufficetto, sottopagato e infelice.
Poi, mai dire mai. La vita è imprevedibile.
Anch’io ho lasciato il posto fisso una decina di anni fa e non me ne sono mai pentita anche se le difficoltà sono veramente tante e le cose non sempre vanno proporzionalmente all’impegno.
Certo capisco chi sceglie il posto fisso per tranquillità, famiglia, tempo libero e soldi ma oggi nessun posto è veramente sicuro. Se sei autonomo e ‘padrone di te stesso’ conosci la tua situazione e agisci di conseguenza, se sei dipendente rischi che altri decidano per te…
Grazie Riccardo, che bello il tuo pensiero 🙂 io l’ho fatto, ho detto NO. Ho detto tantissimi no: il primo dopo il master, posto fisso e stipendio alto. Le parole fisso e indeterminato hanno sempre evocato in me la visione difficoltosa di quando ti incastri nella nebbia. Amo la libertà. Amo essere flessibile, mobile, velocissima, multipla e multidimensionale, perché credo nel potere degli orizzonti immensi. E l’orizzonte cambia ogni giorno, insieme a noi. Durante il percorso universitario scelsi le parole perché là andava la mia passione, senza aspettative, poi ho iniziato a incrociare questo magazzino di idee con le competenze sul web. Perché credo in un presente con l’ufficio in uno zaino, connessi con le persone che muovono la nostra ispirazione, ovunque nel mondo. Paura? Come quando ti tuffi per la prima volta. Ma dopo il primo salto scopri che osare fa parte della vita. E prendere la vita come un’avventura, con più leggerezza e meno obiettivi falsi, è terribilmente gustoso. Buona giornata a tutti
Ciao Maddalena. Le tue parole sono aria fresca per chi sta progettando il primo tuffo!
Speriamo di incrociarci sulla strada 🙂 e grazie.
Ciao.
Io lavoro a tempo indeterminato, seppur cambiando varie aziende, dal 2002.
All’inizio perché era il consiglio e sogno dei miei genitori: “Il posto fisso è importante, ti costruisci un futuro solido in un’azienda solita, comprerai casa…”. Adesso ho un mutuo da 5 anni, e ne avrò per altri 20.
Sto lavorando per diventare FREELANCE e si ho paura di espormi, ma è la stessa paura di perdere il posto di lavoro “fisso”. Oramai il lavoro sicuro non esiste più; le grandi aziende fanno continui tagli, mentre le piccole/medie, imprese dopo i tagli, chiudono.
La sicurezza di lavorare come freelance o lavorare a tempo indeterminato, dal mio punto di vista, oramai è la stessa. Anzi, lavorando in modo indipendente ed autonomo ci sono molti più sbocchi professionali e, sopratutto, facciamo quello che ci piace veramente e lo faremo al meglio per due motivi: il primo è che facendo ciò che ci piace, diamo il massimo e ciò non ci pesa; il secondo è che se vogliamo mangiare e pagare le bollette, ci sbattiamo per procacciarci il lavoro, senza dormire sugli allori come spesso si fa ad essere lavoratori dipendenti.
Ciao Riccardo,
questo argomento mi tocca da vicino.
Io ero una delle fortunate ad avere un posto fisso ma in qualche modo mi andava stretto, mi sentivo come una tigre in gabbia e ho deciso di fare il salto.
Ora gestisco la mia agenzia e lavoro tanto, prendo batoste, mi rialzo, riorganizzo, a volte vinco a volte perdo ma sono libera.
Certo non è facile, soprattutto per il sistema che ci sta attorno e che a volte tende a schiacchiarci, ma ho fatto tanto per costruire quello che ora e sono ambiziosa: voglio crescere e migliorare ancora!
Non penso che sarei in grado di tornare indietro perchè dove ero prima dovevo sopportare l’arroganza di un superiore che si credeva Dio sceso in terra (gli regalai anche una penna con scritto “Dio esiste ma rilassati non sei tu!”, non ricevere mai un complimento per un lavoro ben svolto o peggio vedere che qualcun altro si prendeva dei meriti che non erano suoi, dover ogni mattina combattere con il traffico, dover ogni volta dire di sì.
Non demordo sai, nonostante la fatica e le difficoltà, io continuo a perseguire i miei obiettivi stando bene con i piedi piantati a terra, con strategia e rimanendo sempre me stessa!
Grazie per questo post, mi motiva ancora di più.
Nel 2008 chiusi definitivamente la mia esperienza all’interno di due multinazionali con tanto di contratto indeterminato. Per averli dovetti lavorare anche gratuitamente (come apprendista non mi venivano pagati gli straordinari) A 23 anni avevo un’idea del lavoro molto differente da quella che poi maturai grazie all’esperienza. Vedevo un mutuo trentennale come qualcosa di assolutamente normale. Vedevo il vincolo territoriale come una normale conseguenza.
Se fossi rimasto in azienda, probabilmente – anzi sicuramente – non avrei mai avuto l’esigenza di appendere continuamente. Il posto fisso, per certi versi, anestetizza il cervello.
E comunque, è un fenomeno che fa parte dell’Era Industriale, un’epoca ormai morta e sepolta. Presto anche i dipendenti statali se ne accorgeranno (vedi tagli proposti dall’Europa, vedi Fiscal Compact) e la cosa non mi dispiace affatto.
Ah, Riccardo, sai che con me sfondi una porta aperta: io il posto fisso l’ho sopportato per 20 minuti, tanti anni fa quando ancora sembrava una cosa sicura. Sai come la penso: di posti sicuri non ne esistono e a fronte di un’illusione la tua vita resta in mano ad altri. free lance tutta la vita. E poi ogni imprenditore, piccolo o grande che sia, sa bene che il modo migliore per scavarsi la fossa è dipendere per l’80% delle proprie entrate da un solo cliente e senza poter trattare e ritrattare periodicamente le condizioni. Il posto fisso significa dipendere al 100% da altri e senza avere voce in capitolo. Mai!
Mitico Riccardo!!
Il prezzo della libertà non è stato ancora determinato. Non può essere determinato perchè semplicemente la libertà non ha prezzo!!
Pane e cipolle ma solo e sempre freelance!!
Rinunciare a un posto fisso presuppone che tu sappia fare qualcòsa, allora è tutto facile. Alcuni sapienti affermano che noi usiamo il pronome qualcòsa per abitudine e per ignoranza, e che bisognerebbe eliminarlo da ogni discorso serio. Io affermo invece che quando diciamo: Qualcòsa intendiamo qualcòsa che è. Quanti, sanno fare qualcosa?
Più che “questo non è un paese per freelance”, oserei dire “questo non è un paese per mamme”.
Da mamma ti dico sì, rinuncerei al posto fisso, esserci quando i miei bambini hanno bisogno di me non ha prezzo.
Certo, ho meno ferie, e manco pagate, ma è un sacrificio ammissibile.
Ovviamente non parliamo dell’ansia che mi prenderebbe se dovessi pensare tutte le mattine di prendere l’auto e rinchiudermi in un ufficio a fare quello che altri ordinano.
Elisa ha ragione. Essere free-lance in questo paese è un incubo. Ci scandalizziamo tutti quando dal telegiornale apprendiamo della tragedia in cui hanno perso la vita dei lavoratori cinesi in nero a causa di un incendio in una fabbrica-dormitorio. Chiediamo a gran voce che ci siano controlli più rigorosi per garantire la sicurezza sul lavoro. Ma se fosse andato a fuoco, diciamo in pieno centro a Milano, lo studio di un avvocato, o di un commercialista o di un architetto, e avessero perso la vita dei “finti” liberi professionisti che nella migliore delle ipotesi, quando non lavorano completamente gratis, fanno fattura sempre allo stesso datore di lavoro, cosa avremmo pensato? Io lo dico sempre: la vera Cina è in Italia!
Sto vivendo una situazione simile, ma non identica, all’esempio da te posto:
ho la possibilità di lavorare a tempo indeterminato (ho già un contratto di questo tipo) all’interno di una grande azienda in Germania, dove vivo.
La differenza sta nel fatto che non amo questo lavoro e che ho deciso di licenziarmi ( a breve!) per puntare su me stessa investendo in formazione per migliorare il mio profilo professionale e la cosa mi elettrizza!!! L’idea di vivere “a tempo indeterminato” la routine lavorativa di quest’ultimo anno mi fa sentire come se stessi buttando via la mia vita.
T.
Ciao Riccardo,
ho lasciato il posto fisso diversi anni fa e non l’ho più ricercato. Credo che in Italia di fondo ci sia una grossa confusione tra forma di contratto e sicurezza di avere un lavoro. Mi spiego meglio. Cosa ci dà la certezza di avere sempre un lavoro, il fatto che un’azienda ci ha assunto con un contratto a tempo indeterminato, che può essere risolto solo in presenza di gravi motivazioni, o il fatto che noi, con le nostre competenze e il nostro saper fare, siamo una risorsa preziosa per una o più aziende? Ecco, personalmente preferisco essere una risorsa preziosa, pagata per quel che fa e quando serve, piuttosto che rischiare di essere una zavorra di cui in alcuni momenti l’azienda farebbe volentieri a meno, ma di cui le è difficile liberarsi.
Io sono una di quelle che sta per lasciare il suo posto di ruolo nella scuola pubblica. Perchè ero sempre insoddisfatta, piena di malanni psicosomatici, mi svegliavo ogni mattina con la faccia di chi deve andare al patibolo. Ho pensato che se altri ce l’avevano fatta, ce l’avrei fatta anch’io.
La parola “fisso” non ha mai calzato la mia personalità. E così sono partita. Ho preso un anno sabbatico e ho rincorso la mia libertà nel Sud-Est Asiatico, poi in Cina sono ricaduta nel posto fisso per paura di non trovare lavoro, e me ne sono andata quando ho capito che ero di nuovo in trappola.
Sto cercando la mia strada come freelance, ci vorrà tempo, pazienza e impegno, ma ora non ho più paura del cambiamento: una volta sperimentata la libertà, non riesco più a tornare indietro.
Semplicemente accetterei il posto fisso “indeterminato” e continuerei a fare il freelance nel tempo libero. Metto in esempio un datore di lavoro francese che mi commissionò delle traduzioni dal francese all’italiano. Lui mi disse che faceva il webmaster di vari siti che andavano bene, ma in contemporanea aveva un lavoro nel settore “Pubblico”, in particolare analizzava la qualità degli impianti militari (non un lavoro derivato dalla carriera militare ma da quella civile, da come mi spiegò). Mi spiegò anche che un giorno, con un aggiornamento di google lui perse più o meno il 60% dei suoi introiti web e chiuse dei siti (si lo dico sempre il pinguino… che brutta cosa) e mi disse così: tu vuoi fare il freelance, il webmaster, il seo… ma alla fine è bene avere almeno una parte di guadagno sicuro perchè sul web come freelance non c’è nulla di sicuro ed in un istante tutti i tuoi sforzi vanno a p*****e. Attualmente con i siti che gestisce fa sui 3000€ di entrate con 1500 di uscite da come mi disse, ma conoscendo la tipologia di contenuto ci credo (beato lui), ed in più ha un posto fisso. Adesso chiamalo fesso ma per me è così, prendi l’indeterminato e continua a fare il Freelance se lo fai per passione. Poi dipende dalle esigenze e dai guadagni…
Del resto in Italia c’è una concezione grottesca del posto fisso, il più delle volte è legato a logiche clientelari per cui, per tutta la vita, sarai tenuto a rendere conto a qualcuno, e venderai la tua vita per uno stipendio fisso. Molti dicono che ne vale la pena, io dico sempre che dipende “da che vita vuoi fare”, semplicemente. Io, del resto, come Riccardo, diversifico molto le fonti di traffico per cui alla fine raramente faccio le stesse cose per 2 mesi di fila: molti mi invidiano per questo, altri semplicemente non riescono a capirlo. Pazienza…
No, mi spiace, lo scrivo anch’io: per me non può davvero funzionare con altre logiche, specie in tempi confusi e labili come quelli che viviamo. E non credo che la vita da freelance sia più impossibile di quella di molti altri, a meno che ovviamente tu non sia figlio del politico X 🙂
Specie se ti rendi conto, per quanto sia poco allegro da ammettere, che puoi bastare a te stesso col tuo lavoro, che in serate come queste sei felice di ciò che fai e che non hai l’impellenza, o la necessità, di fare 10 figli o comprarti una villa. Ognuno dovrebbe trovare la sua strada, ed io rispetto ogni scelta anche se diversa dalla mia: quella che ho trovato (forse) è fatta di sacrifici, passione e nessuna (o quasi) certezza, e va bene così. 🙂
Il posto fisso è un illusione, ormai arcaica. Ci hanno detto sin da bambini, studia, laureati e poi trovati un posto fisso, forse 50 anni fa poteva essere una soluzione, ma oggi, all’alba del 2014, trovo il posto fisso molto più rischioso di qualunque altro contratto.
Questo ti costringe a specializzarti solo su una cosa, e se poi l’azienda fallisce ti ritrovi senza il tanto amato posto fisso, magari con un mutuo e qualche altra finanziaria attiva (tanto ho il posto fisso) ma peggio ancora con una specializzazione che potrebbe non servire altrove.
Chi invece ha deciso di “rischiare” la vita del freelance ha la possibilità di svariare, acquisire competenze trasversali ma più di ogni altra cosa sarà l’unico artefice del proprio successo o fallimento.
Io ho rifiutato posti fissi in grandi aziende, per un motivo legato al lifestyle non mi piace avere orari, mettermi in macchina per arrivare a lavoro, timbrare il cartellino (o passare il badge), dall’altra parte è anche vero che per me non esiste 13esima, 14esima, ferie e malattia, ma del resto ogni rosa ha le sue spine.
Articolo favoloso per il tempo in cui viviamo.Le persone spesso si affidano a situazioni e contesti spesso inesistenti di fondo.Vogliono crearsi delle sicurezze che non ci sono,nulla è certo o sicuro.Ho avuto modo di lavorare per conto mio come artigiano anni fa,oggi faccio l’operaio o almeno ci provo e devo dire che ho sempre preferito fare affidamento sulle mie capacità piuttosto che garantirmi una falsa sicurezza poco dignitosa,con tutti i pro e contro.Credo che ad oggi le persone si stallino in situazioni e sicurezze(finte) per troppo tempo piuttosto di mettersi in gioco, far lavorare il cervello e crearsi situazioni che per loro stessi possano essere favorevoli e appaganti….chi dice che non si può cambiare spesso? Questo aiuterebbe il nostro cervello a funzionare mettersi in gioco,affrontare nuove sfide e situazioni senza paura.Io lo faccio ciclicamente! Sono un pazzo? No non voglio esser vittima di una società che ormai ragiona sulla base dei propri interessi.
Nonostante la paura continuo a seguire la strada della libertà dal 2010 è dura ma non mollo
Ciao Riccardo, un articolo davvero bello che mi ha toccato nel profondo…dopo 12 anni in un player internazionale a tempo indeterminato, poi a causa della crisi e dei tagli anni fa mi è stata data la possibilità di andarmene e di ricominciare una nuova strada che sto percorrendo da ormai diversi anni…ho faticato, ho sudato tanto e come tu scrivi ho imparato molte cose formandomi anche dalla Rete stessa, perchè come tu scrivi i segreti di ciò che ami non te li rivela nessuno ed è solo la passione per quello che si fa che mi ti fa crescere. Se tornassi indietro in un posto a tempo indeterminato? Ti confesso che l’idea mi spaventa perchè come tu dici lavorare sempre e solo per lo stesso obiettivo ti fa sentire la sensazione di perdere la libertà. La cosa che più spaventa in assoluto è la notevole mancanza di etica professionale e il rispetto per il lavoro, concetti spesso poco fruibili e “sentiti”, a mio modesto parere in questo paese.
Cara Giusy, “la notevole mancanza di etica professionale e il rispetto per il lavoro, concetti spesso poco fruibili e “sentiti”, a mio modesto parere in questo paese” purtroppo SEMPRE MENO! Sto anch’io pensando di mollare per ricominciare. Da dove? Non lo so, ma se sono sopravvisuto a 20 anni di posto fisso posso sopravvivere ad altri 20 di libertà di pensiero e duro lavoro che mi inventerò!
A Riccardo infine, complimenti. Il tuo articolo ha rappresentato la spinta che mi mancava! Grazie
Mi sono ritrovata tantissimo nell’articolo di Riccardo, a cui faccio i complimenti per il blog che seguo sempre.
Riporto la mia esperienza.
Fresca di laurea (in Informatica), ho fatto le valigie e ho percorso circa 400 km verso nord per amore.
L’unico lavoro che sono riuscita a trovare è stato come web developer in un’agenzia: uno stage di due mesi per 100 euro al mese.
Sebbene durante l’università non mi ero quasi mai occupata di web, fortunatamente il mio percorso di studi mi ha permesso di far mio questo nuovo lavoro quasi subito, dando ottimi risultati anche all’azienda.
I 100 euro mensili sono diventati prima 200, poi 500, 700, fino ad arrivare alla tanto agognata meta: un posto fisso a 1200 euro al mese. Erano talmente entusiasti delle mie capacità che mandarono a casa tutti gli altri stagisti.
Nonostante la qualità del lavoro avesse non poche falle e il lavoro full time non mi lasciasse tempo per aggiornarmi più di tanto (ricordo che i CMS erano visti come il “male” e i siti andavano sviluppati da zero ogni volta!), alla fine quell’ufficio era per me come una seconda casa e i rapporti interni con colleghi e titolari era davvero ottimo.
Fino a quando non ho aperto gli occhi e ho guardato in faccia la realtà: non solo il mio posto fisso era il risultato di un languido personaggio esterno alla ditta (che però ne decideva tutte le sorti economiche ed amministrative), ma l’ultimo stipendio risaliva a sei mesi prima.
Insomma, mi sono sentita fregata. Così mi sono licenziata (non senza drammi e vertenze sindacali) e sono rimasta a casa per circa 5 mesi, delusa e frustrata.
Lì ho cominciato a maturare l’idea di mettermi in proprio: in fondo al lavoro ero diventata pressoché autonoma, ma ero cosciente di aver accumulato delle lacune. Ho cominciato a studiare per conto mio, fino a quando non è arrivato un altro lavoro a tempo indeterminato e date le circostanze (mi ero appena sposata) non ho saputo dire di no.
Il posto si è rivelato una specie di ibrido tra un lager e un manicomio, dove bisognava non solo timbrare il cartellino, ma le segretarie e la donna delle pulizie erano autorizzate ad orecchiare qualsiasi dialogo tra i dipendenti e a cronometrare le pause caffè e riportare tutto al grande capo.
Ma quel che peggio è che nonostante mi avessero assicurato che mi sarei occupata di un portale ben specifico, interno all’azienda, ben presto mi sono ritrovata a dover implementare un gestionale che sostituisse il lavoro manuale fatto dalla contabilità di una loro azienda collegata dalla dubbia moralità, almeno per i miei standard, che ammetto essere troppo alti.
Quando mi è stato chiesto di realizzare un crawler che estraesse i contatti di tutte le aziende italiane (!!) per inviare spam, gli ho stretto la mano e me ne sono tornata a casa a testa alta.
La fortuna ha cominciato a girare, ho incontrato le classiche “persone giuste al momento giusto” e anche grazie al preziosissimo sostegno di mio marito (e non in ultimo, del regime dei minimi per i liberi professionisti), ho fatto finalmente il grande salto nel buio della partita IVA.
A chi ci fa continuamente un pensierino ma non trova il coraggio, vi dico: se non avete mutui o grossi problemi economici, buttatevi.
Io ne ho guadagnato tantissimo in:
– Autostima: ricevo complimenti dai miei clienti e dalle persone con cui collaboro e la soddisfazione che si ha quando si lavora per se stessi, piuttosto che per arricchire qualcun altro che poi manco ti paga, è impareggiabile 🙂
– Formazione: quando devo occuparmi dello sviluppo di qualcosa, ho tutto il tempo che mi serve per studiare a fondo lo stato dell’arte. Finalmente posso dedicarmi a WordPress e spesso mi capita di fare debug sui plugin che uso, entrando in quel meraviglioso meccanismo di scambio tipico delle community open source.
E il lato economico? E’ ancora presto per dirlo: ho aperto la P. IVA da pochi mesi e quindi spesso bisogna fare anche i conti con il fatto che per entrare nel mercato devi proporre prezzi bassi o fare lavori per gli amici, ma mi sta più che bene. Sono sicura che ho fatto la scelta giusta e, credetemi, anche le mie tasche stanno cominciando a vedere i primi risultati!
Ciao,
il posto fisso in Italia non è un desiderio ma una necessità. Se è chiaro questo punto mi dispiace ma tutto l’articolo crolla. Dateci un paese dove non ci sia una pressione così alta di costi, tasse e burocrazie, e dove non si debba lavorare 40 anni per pagare una casa e vedrai che tutti si mettono a fare il freelance.
Io credo che il problema stia nella definizione di posto fisso. Ho lavorato per anni in UK con contratti a tempo indeterminato (quindi quello che verrebbe definito posto fisso) e tutte le volte che mi sono stancata/annoiata del lavoro o dei capi semplicemente mi licenziavo e trovavo altro.
Questa cosa l’ho fatta per ben 4 volte (di cui due in Italia, ma 10 anni fa, e 2 volte in Uk).
Se si vive in un contesto in cui vi è mobilità e non precarietà, il posto fisso non diventa l’esigenza, semplicemente perchè a meno che non sia tu a chiedere un part time, questo è quello che nella maggio parte dei casi viene offerto.
Tre mesi di prova e se vai bene firma del contratto.
Adesso vivo del mio blog e diversifico le entrate esattamente come fai tu, ma mi rendo conto che questa strada è lunga, tortuosa e soprattutto non fa per tutti.
Pertanto più che la ricerca del “posto fisso”, credo che la ricerca si debba spostare su contesti lavorativi che ti permettono di essere mobile e, se a un certo punto quello che fai non ti piace più, devi poter essere libero di poter scegliere, cercare e poi trovare di meglio.
Il Freelance non è la soluzione nè la panacea dei mali, nè ci si può improvvisare quello che non si è. CI vuole anche traporto ed attitudine per riuscire a farcela.
E’ un mercato del lavoro stagnante che fa credere che una volta che hai un lavoro meglio per te che non lo lasci perchè se no, come si dice a Roma, “so’ caz**”.
Dico di abbandonare la nave prima che affondi? Non so, sicuramente dico di aprire gli occhi e non credere che tutto il mondo è Paese.
Per quanto mi riguarda, dopo anni di esperienza in mercati in cui sono sempre stata pagata molto bene, in cui non sono mai stata schiavizzata, in cui ho visto la mia carriera crescere in maniera inverosimile senza essere figlia, nè amica di nessuno, è difficile tornare indietro.
Oggi che vivo del mio blog e guadagno un terzo di quanto non facessi con il mio posto fisso, ma sono libera di lavorare da dove voglio e gestisco il mio tempo come meglio credo.
Il gioco vale la candela, male che vada, posso sempre tornare nella città dove so che nel giro di 2 settimane un contratto a tempo indeterminato lo trovo..
Il fatidico salto? Lasciare il posto fisso? Lasciare un buon contratto a tempo indeterminato? E quello che ho fatto 2 mesi fa…lo ammetto ci ho pensato tanto , ho letto molti libri di motivazione per fare scattare la molla, d altronde è un passo importante x chiunque….per me poi con figlia e famiglia da mantenere…il risultato è che quando il salto è fatto scopri tutto il piacere del nuovo, il piacere di gestire il tuo tempo e prenderti la responsabilità di tutto quel che succede…l ho fatto da poco il salto , ora sono in proprio ma come si suol dire ….perché non l ho fatto prima? Dopo vari posti fissi cambiati in 15 anni di lavoro ho capito che il problema non era l attuale lavoro ma il problema era proprio il posto fisso…per me…per la mia psiche e per la mia serenità….
Io ho rinunciato ad un lavoro da 2mila euro al mese con 13a e 14a e naturalmente con contratto a tempo indeterminato per diventare freelance. Il salto (di qualità) l’ho fatto 6 mesi fa e oggi posso dire di essere felice e orgogliosa della mia decisione. Certo i soldi sono meno e gli sforzi sono triplicati, ma la sensazione di essere padrona del mio destino vince su proposte di stipendi da capogiro.
Leggo questo articolo trovato per caso in un momento di profonda indecisione nella mia vita. Mamma da 7 mesi,prossima al rientro al lavoro xome ingegnere che timbra ingressi e uscita pur facendo un lavoro che si porta a casa e ti sveglia la notte per il quale risponde anche a mezzanotte ma per il quale sei solo schiavo senza soddisfazione di stipendio, carriera o crescita. È un tempo indeterminato che ora è in discussione perché mi porterà a vedere mia figlia di otto mesi solo 3\4 ore scarse al giorno. L’alternativa è mollare e ricominciare con la partita iva,l’abilitazione da ingegnere ancora da prendere e poi chissà.. la passione di interior designer, le corse con imprese,clienti e fornitori, speriamo. Ma soprattutto il tempo tiranno che diventa finalmente almeno un po gestibile. Ho 32 anni e ho paura di pentirmi di questa scelta, di ricominciare ancora una volta da capo, di scoprire di non farcela. Datemi conforto vi prego!
Sono paure che appartengono a tutti noi. Io ti dico questo: valuta con attenzione i pro e i contro, purtroppo non ho la risposta a queste domande ma posso solo dirti che ci siamo passati un po’ tutti. E che abbiamo preso delle decisioni. Questo è importante: decidere e dare il massimo per seguire la strada scelta.
Io ho appena rinunciato al posto fisso, che cercavo da anni. Ho cercato talmente tanto che quando ho smesso è arrivato come un terremoto totalmente inaspettato! Ho rifiutato perché ho capito in attimo che mentre aspettavo e lottavo per sopravvivere ho forgiato il mio carattere ,reinventato la mia vita e conquistato la mia libertà! Ho pensato che stavo dando un calcio alla fortuna e alla vita, ma poi ho capito che la vita è una e chiudermi in una scatola dove tutti decidono cosa ,quando e come devo fare le cose non è mai stato un mio desiderio. Ho pianto, ho chiesto consigli e pensato tanto, troppo! Poi ho detto no! Come andrà? Boh, una sfida alla vita e alla fortuna. Vedremo.
Adattarsi alla conditio sine qua non mi stava distruggendo e come un perfetto Don Chisciotte di me stessa ho rifiutato un tempo indeterminato rifiutando il mio datore di lavoro che non stimavo ne professionalmente ne personalmente. Mi sono sentita al guinzaglio e intrappolata in un continuo “con questi chiari di luna… di questi tempi, posizione a 90 e ringrazia Dio”.
E io quel Dio lo ringraziavo solo quando quello stipendio mi permetteva di dare credito ai miei obiettivi di prendere casa e di permettermi un indipendenza.
12 ore al giorno triste, insoddisfatta.
Ho cambiato ogni giorno status, arrabbiata, cazzuta, meritevole, annoiata, disponibile e non. Stanca.
Il fattore umano che mi ammazza perché io ho mille difetti ma non sopporto i soprusi e io ne ero il bersaglio prediletto. E con chi ti lamenti se non con te stessa che continua a starci, li dentro. In immersione.
Adesso paura e vuoto, incertezza e non concretezza, pochi risparmi e i sogni nel cassetto. Dinuovo.
Una luce lontana di un classico clichè: non può piovere per sempre, o arriverà il giorno in cui a costo di mangiare pane e cipolla potrò di essere felice, senza il guinzaglio perché quello, sicuro, l ho rifiutato.
Essere una persona buona prima o poi paga.
Diligenza, rispetto,sorrisi,disponibilità, merito, duro lavoro, straordinari non pagati e non richiesti in remunerazione ma in “batti il cinque”, attenzione, discrezione, miglioramento costante non facevano di me una persona da trattenere, ma una che avrebbe accettato qualsiasi condizione.
Nonostante ciò io voglio crederci, che prima o poi, e a questo punto spero prima, il giusto paghi. E che i soldi no, non fanno la felicità.