Report sfida Moncler

Di Riccardo Esposito | Pubblicato il - Aggiornato il

Ho capito che le cose si sarebbero evolute in questo senso. La copertina di Report era chiara: questa sera parleremo di piume d’oca, delle sofferenze che devono subire gli animali per ottenere la materia prima e del giro economico di Moncler.

moncler
Come gestire una crisi per il tuo brand.

La Gabanelli, presentatrice di Report, inizia a elencare le nefandezze che si compiono negli allevamenti per ottenere la piuma e poi arriva alle aziende che (secondo la trasmissione) la comprano. Prima azienda italiana di piumini: Moncler,

Lo storico marchio francese è stato acquistato da Remo Ruffini. Come sottolinea la Gabanelli, Moncler non ha voluto confrontarsi con i giornalisti. I risultati si notano…

Report ha fatto delle indagini e ha contattato Moncler chiedendo spiegazioni su un paio di punti. La Moncler non ha risposto, ha chiuso le porte in faccia alla Gabanelli. Quindi sapeva che stavano preparando una puntata al vetriolo, ma non ha fatto nulla.

Cosa ha detto Report su Moncler

Nelle ricerche di Report è emersa una verità difficile da mandare giù: chi lavora nel mondo della piuma d’oca ha le mani sporche di sangue. Le oche soffrono terribilmente per “regalare” ai brand la materia prima, ma le indagini hanno portato alla luce una verità ancora più scomoda.

Non solo le piume vengono ricavate con grande sofferenza per gli animali, ma quando arrivano in fabbrica vengono mescolate con piumaggio di scarsa fattura: il costo in termini di materia prima per un capo di 1.200 euro al dettaglio è di 30 euro per la materia prima e 40 per la manodopera.

Moncler
Una tipica giacca Moncler con piume d’oca.

Quindi Report incrocia tre spine nel fianco a Moncler: materia prima ricavata con sofferenza per gli animali, piume mischiate con elementi di scarsa qualità, estremo risparmio sulla manodopera con conseguente perdita per i lavoratori italiani.

Nella puntata è stato intervistato un personaggio che ha letteralmente detto: “Sì produciamo qui, non ce ne frega un cazzo dei lavoratori italiani”. Tutto bene.

Da leggere: 6 esempi di cattiva comunicazione

Cosa è successo sui social Moncler

Hai presente la fine del mondo? Come spesso accade in questi casi la folla si è scatenata nel peggiore dei modi possibili. Ok, esagerare vuol dire rischiare grosso.

Puoi pestare il piede agli animalisti ma rimanere un ottimo brand Made In Italy, ma se in poche ore si scopre che ammazzi gli animali con sofferenze, non usi materia prima per risparmiare e ti arricchisci mandando al diavolo gli operai italiani…

Come puoi vedere dallo screenshot, la dinamica è simile a quella che ha caratterizzato altri brand. Gli utenti si riversano sui social e iniziano a insultare, incolpare e spergiurare: mai più Moncler che non usa solo piuma d’oca pettinata

Ma come si comporta il brand?

Niente, non c’è traccia di contenimento della crisi. Moncler non ha fatto niente per ora. Probabilmente pubblicherà un comunicato ufficiale nel quale smentirà.

moncler hashtag

Pochi crederanno al comunicato, nessuno lo leggerà realmente, l’indignazione continuerà per qualche settimana poi tutto come prima. Basta dare uno sguardo al tagboard Moncler: c’è stato un picco di hashtag ma il sentiment è già tornato a livelli accettabili: 16% positivo, 82% neutrale e solo il 2% negativo. In altre parole, su Twitter la protesta è calata ma su Instagram si continua a fare moda.

A volte crediamo di avere un grande potere, crediamo di esercitare una forma di democrazia dal basso attraverso i social. Certo, possiamo lasciare la nostra opinione. Dobbiamo far sentire la nostra voce. E un brand dovrebbe ascoltarla con attenzione. Ma c’è una forza che divora tutto, e ignora ogni singola protesta: il profitto.

Come ha reagito Moncler alle accuse

La Moncler, che non ha voluto partecipare alla trasmissione Report, ha pensato bene di aggiornare il proprio sito web inserendo una schermata che sottolinea la provenienza della piuma. Non è mio interesse argomentare questo punto (non mi occupo di piume d’oca) ma la comunicazione online resta misera. Niente social.

moncler risposta
La schermata del sito web Moncler.

D’altro canto sembra che tutto questo non faccia bene al titolo in borsa: il programma ha alzato un polverone, c’è molta attenzione intorno al brand.

I social network stanno martellando senza tregua. L’inchiesta Report pesa sul titolo – conferma un trader – anche se la Moncler per ora rifiuta tutte le accuse.

Il comunicato stampa ufficiale del brand

Moncler (finalmente) pubblica un comunicato stampa nel quale sottolinea la totale estraneità nei confronti delle accuse mosse da Report. Non c’è alcune legame tra Moncler e i fornitori menzionati dalla trasmissione, e i dati relativi ai costi di produzione (secondo il comunicato) sono incompleti. Anzi, dovrebbero essere più alti.

Ecco il comunicato ufficiale Moncler: un atto dovuto che però continua a mettere in evidenza una carenza per quanto concerne la comunicazione sui social.

Terzo aggiornamento (e qui si chiude)

Il comunicato stampa è stato condiviso sui social: un’azione che ha provocato gli utenti critici che hanno preso di mira i post. Come sempre queste situazioni richiamano comportamenti estremi e atteggiamenti furiosi. Il web sembra dividersi.

Da un lato c’è chi attacca Moncler, dall’altro c’è chi sostiene una certa ipocrisia. Ok, Report ha alzato un coperchio (che tra l’altro Moncler smentisce) ma prima nessuno lo sospettava? E gli altri brand che producono beni di lusso usando piume?

Infatti le critiche si sono estese anche ad altri brand presenti nel servizio, tipo Prada. Per ora quest’azienda ha deciso di non proferire parola. Una scelta che si avvicina a quella di Moncler che ha mosso poche pedine, quelle necessarie.

L’impatto sul brand: come è cambiato? Quando ho scritto questo articolo c’era poco movimento. Ora (a distanza di quasi due giorni) c’è molto da scartare: sono stati pubblicati migliaia di tweet e la pagina è inondata dalle critiche. Tutto questo passerà.

Forse sarà più difficile far affondare i risultati nella serp. Digitare “Moncler” oggi vuol dire fare lo slalom tra i grandi portali che hanno ripreso la notizia. Se posso dare un consiglio: troverei il modo di far parlare bene di Moncler. Non subito, ovvio.

Riccardo Esposito

Sono un web writer freelance. Mi occupo di scrittura online dal 2009, mi sono specializzato nella stesura di piani editoriali per blog aziendali. Ho scritto 3 libri dedicati al mondo del blogging e della scrittura online (bio di Riccardo Esposito).

Categoria: Social network

77 commenti su “Report sfida Moncler”

  1. Verissimo Riccardo, successe la stessa cosa con Algida nel 2013 per uno scivolone non grave (se ricordi, nel giorno della festa della donna per quella rosa “di cioccolato”… che non sembrava affatto una rosa!).

    Come utenti, come consumatori, abbiamo la memoria corta.

    1. Riccardo Esposito

      Ci sono diversi casi simili. Ad esempio Omsa: decise di spostare gli stabilimenti in Europa dell’Est e fu invasa dai messaggi di protesta. Mai più Omsa… e ora guarda la pagina del brand: tutti ad acquistare, osannare, ringraziare Omsa per la bellezza dei prodotti.

      I social hanno la memoria corta. Quando hai fatto una cavolata sui social hai mille modi per recuperare, ma quando vieni attaccato per un problema strutturale – quando hai un difetto che non puoi negare – conviene far finta di niente e andare avanti. la gente dimenticherà. Di certo non puoi riportare gli stabilimenti in Italia: il ricavo è l’unico scopo delle aziende.

    2. ma non bisogna demordere. E’ bene che qualcuno indaghi e ce lo ricordi. A farci arrabbiare è poi l’arroganza di ha raggiunto il successo nel dimenticare che se è arrivato lì, forse è anche grazie al made in Italy fatto dai lavoratori italiani.

  2. Tutto vero. Tutto verissimo, e concordo sul tuo finire Riccardo.

    Detto questo, non mi meraviglia il fatto che un noto brand utilizzi solo un minimo di materia prima pregiata e nemmeno che vada a sfruttare mercati minori per la produzione.
    Sinceramente: coi costi che ci sono in Italia sul lavoro, come si può pretendere che un’azienda riesca a valorizzare e vendere il proprio prodotto?

    Poi, per l’amor di dio, nulla toglie che certe affermazioni e il maltrattamento degli animali vadano seriamente puniti.
    Anche se per brand e personaggi pubblici, in Italia, la legge non è uguale alla nostra…

    1. Filippo Porcari

      Caro Alessandro segui il consiglio di Riccardo e guardati TUTTA la puntata in oggetto senza dar retta ai soliti slogan di chi ci vuole affamare. I terzisti per loro ammissione hanno dichiarato che per 20/30 euro in più potrebbero produrre in Italia un capo che viene venduto al dettaglio per 1200 euro. Capo che avrebbe un costo complessivo inferiore comunque ai 100 euro.
      Infine, un noto imprenditore italiano ha dimostrato che l’azienda dal volto umano, almeno nel comparto lusso, può sopravvivere anche in Italia. Sarà un po’ meno ricco dei suoi colleghi che delocalizzazione, ma sembra altrettanto felice.

      1. Ciao Filippo! La puntata l’ho guardata, so che ti riferisci a Cuccinelli. Continuo a pensare ciò che ho detto e, te lo dico con la massima spontaneità, non ho mai seguito slogan di nessun genere ma sempre espresso la mia idea/parere. Se ti va, dai un’occhiata al mio blog e ti renderai conto che “la massa” non è il mio genere 🙂

        Questo “fuggi fuggi” dei grandi brand alla produzione all’estero esiste da 10/15 anni, basti pensare che il servizio clienti Sky, il migliore, quello con più punteggio, è localizzato in Albania…
        Le aziende, grandi o no, vogliono risparmiare anche i 20/30€, a scapito della qualità.
        Detto questo, magari tutti seguissero Cuccinelli! 🙂

        Ciao

        1. Filippo Porcari

          Ciao Alessandro, è assolutamente vero ciò che dici e sono d’accordo nel pensare che un’imprenditore possa scegliere il fornitore che preferisce. Il problema sta nella consapevolezza del acquirente finale che è convinto di acquistare un prodotto ad alto valore intrinseco. Invece paga centinaia di euro per un brand e un suo prodotto che però intrinsecamente vale poche decine di euro.
          In sostanza se posseggo un capo Brandizzo da 1200 e gli tolgo il marchio diventa un prodotto da 50 euro.

            1. Prima che moncler condanno gli imprenditori che trasferiscono aziende e know how all’estero, come i terzisti visti nel servizio di report. A parere mio se un imprenditore italiano, ma sta succedendo anche nelle aziende di lusso francesi, decide di andare a produrre all’estero perché può ottenere prezzi minori e qualità simile, allora è lo Stato italiano che ha fallito. Perché non ha saputo mantenere in Italia qualcosa per cui molti venivano a produrre qui, qualcosa che tutti ci invidiano, e che lo stato non è stato in grado di valorizzare!

  3. L’articolo più esplicativo sull’argomento che oggi circola in rete: l’altra faccia dei Social.

    Condivido totalmente.

  4. Indignazione che dura qualche giorno, un piccolissima minoranza di quelli che hanno visto report (1,2,5, 10% max) non comprerà più Moncler e magari qualcuno di loro spargerà la voce affinchè anche gli altri facciano altrettanto. Il brand “profitto” la farà da padrone ancora per molto. Ci ha reso più brutti con un processo che dura ormai da decenni, e solo con altri decenni, e dopo un altro processo (stavolta) di evoluzione della società, riusciremo ad anteporre (nuovamente) diritti e libertà (per ogni essere vivente) a sua maestà concorrenza! 😉

  5. I social hanno la memoria corta e l’indignazione effimera.
    Ma mi sento anche di dire che questo “focolaio” (che verrà ridimensionato dal tempo) fa parte di una coscienza collettiva in piena ascesa: un nuovo tipo di sensibilità globale verso lo sfruttamento intensivo degli animali. I sostenitori più datati di questo atteggiamento etico da un pezzo non comprano Moncler, i simpatizzanti o “novizi” sono la fetta di mercato che si sta informando e che perderanno. Se dettati da motivazioni del genere, non dimenticano. Quindi la massa dimenticherà, loro meno. E, secondo me qualcosa del loro fatturato sarà eroso.

  6. ho visto il programma che mi pare abbia ripreso una problematica già affrontata in precedenza. La sofferenza delle oche è inaudita, e credo che il piumino (anche quello da letto) possa essere benissimo dotato di un interno sintetico, tra l’altro si evitano anche forme di allergia che la piuma dà molto frequentemente.
    La cosa che non capisco è perché una giacca in piumino costi 1950 Euro a fronte di 30 Euro di materiale e fattura.
    Io per principio evito le grandi marche e mi disturba pensare che ci siano persone che si vestono con animali morti o torturati.

  7. In Italia solo i tifosi di calcio hanno la memoria di un elefante, per tutto il resto ci si indigna 15 minuti e poi addio… si passa oltre, nonostante siano stati evidenziati tre punti chiarissimi di quanto poco Made in Italy e quanto poco valore (vero) abbiano questo brand e i suoi prodotti.

    Comunque i piumini Moncler non mi sono mai piaciuti, sembrano dei sacchi dell’immondizia 🙂

    1. Secondo me hai centrato il punto. Il problema è che questo tipo di denuncia si rivolge a persone che difficilmente influiscono granché sui profitti di aziende come Moncler, e che un piumino a 1200 euro non lo prenderebbero comunque mai. Non voglio parlare di “fasce di popolazione” o roba simile, ma per dirla in modo brutale, in certi ambienti ciò che pensa il popolino non interessa a nessuno.

      Concordo assolutamente con chi fa notare che il problema poi riguarda l’uso di piuma d’oca in generale, ma quello della tortura industriale degli animali è un tema di cui ancora si parla poco, e che meriterebbe una discussione ben più ampia.

  8. Anche se ci sarebbe da dire, capisco in parte lo spostare uno stabilimento in paesi con mano d’opera bassa per essere più competitivi in un settore medio-basso, cioè che produce capi non di lusso. Diverso è per quest’ultimo settore dove l’incidenza di euro 20 circa che potrebbe tranquillamente riversare sul consumatore, non gli cambierebbe nulla al profitto, e cautelerebbe il terziario nazionale.

    1. Molto vero quello che dici, anche se non ho visto la puntata! Bisognerebbe approfondire se davvero la differenza è di soli 20 euro (comunque anche se fosse 50 euro rimane valido il discorso fatto da te)

  9. Personalmente sono almeno 20 anni che ho posto l’embargo su qualsiasi prodotto che contenga piumino d’oca. Non ho visto Report ma già all’epoca della mia decisione, vidi un documentario molto chiaro e privo di retorica… Le oche soffrivano tremendamente per un qualcosa che poteva essere sostituito con prodotti sintetici e molto più tecnologici. E’ stato portato a galla uno scempio che avrebbe già dovuto essere conosciuto da una infinità di tempo.

    1. Infatti è questo che vorrei che molta gente capisse: la stessa piuma d’oca usata per moncler è presente in infiniti altri capi di altri marchi E soprattutto nei piumoni sotto i quali dormiamo ogni notte! Quanta incoerenza (non tua)! Tutti a scandalizzarsi per cose che sono sotto gli occhi di tutti da decenni, tutti a prendersela col malcapitato di turno per poi dimenticarsene quando arriva un altro scandalo

  10. Complimenti, Riccardo! Perché questo articolo è il più chiaro ed esauriente che mi è capitato di leggere dopo ieri sera. Credo che, come qualcuno ha già scritto, abbiamo la memoria corta e quindi presto dimentichiamo. Soprattutto se Moncler lascia passare l’acqua sotto i ponti! C’est la vie 😉 Intanto il tuo “Fare blogging” è in partenza con me!

  11. Purtroppo sui grandi numeri hai ragione la maggior parte della gente si incendia e si spegne in un attimo. Io parlo per me stesso
    Io parlo per me stesso.
    Mi dispiace per le oche ungheresi ma credo che peggio di loro stiano quelle del fois gras, senza considerare le nostre piu’ vicine gallinelle da allevamento intensivo imbottite di antibiotici e luce perenne…non e’ questo che piu’ mi ha indignato.
    La cosa che davvero mi ha annerito del servizio e’ il fatto che questi brand utilizzino manodopera e materia prima di scarsa scarsissima qualita’ e che grazie ad un marketing potentissimo e super pagato venga trasformata in merce di prima qualita’.
    Per pochi euro in piu’ di profitto questi pseudo imprenditori smantellano quel tessuto manifatturiero italiano che ha creato il valore del made in italy grazie al quale traggono profitto in tutto il mondo!

  12. Anch’io da 25 anni non compro piumini o giubbotti in piuma, mi è bastata l’informazione avuta una volta per boicottarli per sempre. Non sono esperta in social, ma perché qualcuno dovrebbe dimenticare di aver visto certi orrori?

    1. Non vale per tutti, ovvio, ma l’indignazione in oggetto presto lascerà il posto a una nuova indignazione che nella maggior parte dei casi cancellerà la precedente.

  13. Non credo che sia tema di social, che è una lavagna con cui fare comunicazione come altre.
    Anche il profitto e il potere e l’egoismo non sono il vero problema: il problema è invece la mancanza della capacità di arginarli. Il problema è la memoria corta in genere. E la pigrizia, l’istinto a seguire il branco, la paura di lamentarsi denunciare e prendere posizione fuori dal coro, l’ignavia ad esporsi e fare.
    Se ciascuno di questi che hanno scritto o di quelli che ieri sera hanno tolto gli occhi dalle immagini delle ferite delle oche o che ha sempre saputo che le anatre vivono con un tubo nello stomaco, non se ne dimenticasse quando sceglie il piumino per il letto o valuta un capo di abbigliamento o si siede a un ristorante con il patè sul pan brioche, e continuasse a protestare e indicare col dito le nefandezze di certi meccanismi puzzolenti, a rifiutare e cambiare strada davanti a quello che aveva definito sbagliato brutto schifoso, allora si costruirebbe l’inizio per una Italia diversa, una civiltà diversa.

    Bravo Riccardo, aiutiamoci a non dimenticare

  14. Secondo me lo stato italiano dovrebbe costitursi parte civilie in un processo contro Monclair per aver infangato il marchio Made in Italy e il nome dell’Italia all’estero.

  15. Non penso che questa cosa provocherà delle perdite reali a Moncler che ha una clientela piuttosto facoltosa e poco sensibile alla tutela degli animali. O meglio, magari per una settimana ci pensa, poi esce la nuova collezione con le targhette “nel rispetto degli animali” e torna tutto ok. Chiaro che chi non si potrà permettere un Moncler continuerà a dire: “Io non compro M. perché ha stabilimenti all’est e tortura gli animali”. Però comprerà da Zara, Sisley, Benetton, eccetera, che sfruttano i lavoratori nel sud-est asiatico. È di pochi giorni fa la notizia della blogger 17enne che “smaschera” H&M. Due giorni di indignazione, ora ne parla ancora qualcuno? No. In compenso i negozi H&M sono sempre pieni.

  16. Mi auguro che le nefandezze sugli animali e lo schifo di questi faccendieri e speculatori ,altro che imprenditori , non siano facilmente dimenticati ma siano uno stimolo a guardare le etichette e a comprare solo quello che è realmente fatto in italia .Io lo sto già facendo da un pò di tempo fatelo anche voi! Quando prendete in mano un capo moncler , o prada o valentino o …..tanti altri ,pensate a quanti soldi ci fregano e a quanti gliene facciamo guadagnare con la nostra vanità.

  17. Non compro piumini da una vita, sul letto ho quello in microfibra, e poi sinceramente spendere 700 e più euro per un capo insanguinato mi sembra un’aberrazione. Tutto per un marchio attaccato sulla manica. Idiozia del genere umano.

  18. Scusate se dico la mia, ma 30 euro in più per farlo in italia non sono pochi. È il doppio rispetto a quello che pagano adesso. E il doppio è tanto!!! Credo che il dito non vada puntato su di loro e loro scelte aziendali. Che chiunque difficilmente non farebbe. Ma su chi non garantisce e tuteli il made in italy. Su chi continua per interesse a coprire chi spaccia i prodotti esteri con prodotti nostrani. Chi non tutela i nostri artigiani con un vero marchio 100% made in italy. Se vogliamo fare una vera opera di tutela di noi stessi, dobbiamo cominciare a pubblicizzare tramite i social che questi Brand non sono made in italy. Distaccare dal pensiero comune che Prada, Versace,Armani e tutti quei Brand che su il made in italy basano il loro nome non sono 100% made in italy, ma bensì in Transnistria ( solo questo nome dovrebbe farci capire gli interessi che si nascondono dietro a questo mercato)

  19. d’accordo con Francesco M. Però sull’altra risposta vorrei aggiungere: i 20/30 Euro che risparmiamo alla fonte non va a scapito della qualità: si parlava di Moncler e Prada, che vedono i giubbotti a circa 2000 Euro!!! E a quella cifra potrebbero farli are in Italia, dando lavoro e aumentand la qualità, come ha fatto il bravo Cucinelli che ha creato anche una scuola e stimolato grandi passioni.

  20. Francesco RICHICHI

    Spero che queste aziende vengano a produrre nuovamente in Italia.. Altrimenti gli mandiamo Report..
    La Gabanelli è mitica.. Se non fosse esistita bisognerebbe inventarla!!
    Grazie Milena

  21. Ivano Steri (@IvSteri)

    Ciao Riccardo, il tuo articolo pone un problema spinoso, non solo riguardo all’etica dei brand, ma anche relativo al marketing 2.0. Come, abbiamo passato anni a dire che il marketing top-down era finito, che i brand avrebbero dovuto fare i conti col web e la sua poderosa “voce”, che i consumer sono diventati prosumer…e poi un’azienda può fregarsene bellamente delle proteste sui social, facendo finta di nulla? Abbiamo sbagliato tutto, ci siamo raccontati delle belle frottole in questi ultimi anni?
    E inoltre: come copy, quale posizione dovremmo avere? Io non ho dubbi: non sarò mai un cliente Moncler, oltre per questioni etiche anche perché trovo assurdo spendere certe cifre per il vestiario. Ma se in quanto copy lavorassimo per un’agenzia che ha fra i suoi clienti questo brand? Dovremmo lasciare il lavoro?
    L’articolo si presta bene a riflessioni di vario tipo. A presto Ricky.

  22. Forse stupidamente ma lo spero (e al di là delle tue analisi impeccabili, dobbiamo tenere conto anche del potere televisivo e con quello dovrà fare i conti anche il brand). Ogni tassello di consapevolezza in più, aiuta a migliorarci come persone e aiuterà qualche italiano in più a tirare fuori la testa da quel maledetto buco. E forse chiarirà a qualche profeta del “made in Italy” che non si può fare ciò che si vuole.

  23. Interessanti sia la trasmissione che i commenti.
    Se non ricordo male nella trasmissione veniva nominata più volte la comunità europea che ha posto delle norme anche sullo spiumaggio delle oche. Indignazione sacrosanta per come sono trattate le povere oche per non dire delle persone che lavorano nel settore, non tutto si può giustificare in nome del profitto, ma rimangono delle domande: la legge è stata rispettata? e cosa fa in caso di violazione la comunità europea? Sebbene come diceva la Gabanelli l’avidità non è un reato, ma noi consumatori attraverso la trasparenza delle etichette possiamo essere aiutai nella scelta dei prodotti e non ritrovarci a inseguire brand. Trasparenza che si ottiene anche col l’applicazione di leggi esistenti.

  24. Chiedi a chi ha comprato e compra l’iPhone se ha una vaga idea di quanto costa ad apple fare un cellulare e poi a quanto lo vende, e questo vale anche per me che ho un Samsung, purtroppo a volte bisognerebbe avere la forza vera di essere coerenti fino in fondo e non accettare che la moda oppure qualcos’altro scavalchi il pensiero. Il problema è che per qualsiasi cosa acquistiamo, ci sarà sempre qualcuno o qualcosa che è stato sfruttato per produrla, si può chiamare globalizzazione, internalizzazione del prodotto, o più semplicemente “schei” come si dice in Veneto, fatto sta che a volte diventa anche estremamente complicato seguire tutto un processo di produzione fino all’acquisto e poi decidere di conseguenza se comprarlo o meno. Inoltre la moda in primis insegna che se tre quarti di prodotto viene fatto all’estero, ma anche un bottone viene fatto in Italia, si può appiccicare il Made in Italy…

  25. L’indignazione sui social è un modo veloce – e troppo facile, forse – di fare protesta. Non so quanti ripercussioni possa avere sul profitto, ma l’immagine aziendale è ancora un punto di grande attenzione per le imprese. Come consumatori non possiamo scoraggiarci e pensare che ogni nostra protesta sia inutile. Un consumo critico e responsabile parte dalla comunicazione del consumo. In questo senso, ben venga l’indignazione sui social network

  26. @federicocapeci

    Ottima sintesi ed analisi. Purtroppo, tuttavia, limitata a leggere solo ciò che le persone scrivono (sul web). Dopo anni di ricerca in questo ambito posso anche io confermare che i casi più eclatanti hanno una durata di buzz in rete dalle 48 alle 74 ore. Ma ciò significa che la rete dimentica presto? che è stupida, superficiale, troppo attenta a seguire il prossimo grande scoop? direi di no! qualcuno ricorda il caso di Guido Barilla alla zanzara? forse si anche se non se ne scrive più molto.
    Anche dire che i contenuti sono ora ritornati ad essere “in norma”, positivi o negativi come prima e sostenere per questo che la rete abbia memoria corta non è corretto. Ciò che manca nelle analisi dei social media è spesso un approfondimento sulla mente delle persone. Che sia un sondaggio o un’assunzione, ovviamente se fatta da chi conosce le dinamiche di diffusione delle opinioni, noi dei soli post…
    Siamo sicuri che un contenuto neutro o anche positivo in rete, dopo questo casino, sia da classificare con sentiment positivo su Moncler? Come possiamo estraniare il singolo post dal background, dal resto dei post circolanti, dal suo autore e da – soprattutto – chi legge? Anche le news sul corriere dopo un po’ scompaiono… non si può mica parlar sempre di un fenomeno se lo si ritiene esaurito dal punto di vista giornalistico. Le persone tuttavia rimarranno consapevoli di ciò che è accaduto, e il sentiment sarà ancora soggetto a quel fatto e al background che ciascun lettore ha nella sua mente, nei ricordi. Per questo suggerisco: attenzione, la rete non è l’unica manifestazione del pensiero umano! Essa è il risultato di un processo consapevole (che porta alla scrittura) e la punta dell’iceberg. Occorre leggerlo con attenzione se si vuole giudicare.
    Rispetto a Moncler, saranno ora le ricorrenze future e le azioni dell’azienda ad avere in mano il tutto, anche in presenza di un apparente silenzio di fondo. Perché tutto può riemergere alla prossima scintilla.

  27. Una bella analisi con ottimi spunti di riflessione!
    Personalmente credo che la reazione sui social non si rifletterá nella stessa misura sul profitto, proprio come preventivato qui, e questo perché, come giá detto, gli italiani hanno sempre dimostrato di dimenticare in fretta!
    E poi perché siamo ancora troppo legati alla moda, all’Italian style (che tanto ci rende orgogliosi!), per poter finalmente metterci una mano sulla coscienza e riflettere su come vengono (mal)trattati gli animali, troppo ciechi persino per “vedere” l’ennesima presa in giro del mercato della moda, che ci impone grandi nomi a prezzi esorbitanti e qualitá..discutibile!
    Sí, insomma..siamo i soliti pecoroni che non rinunciano ad una “busta di plastica” da indossare (uguale a quella di tanti altri!), ma che rinunciano a capire che quella “busta di plastica” ha un prezzo davvero troppo alto, sia in termini etici che economici!
    É la stupiditá umana l’unico vero fenomeno “social” che non si esaurirá mai..Siamo nell’era dell’esaltazione del simile..E l’elogio della diversitá, quella no, non é proprio di moda!
    Perció penso proprio che non basterá il servizio di Report a invertire la rotta di queste aziende..e continueremo a spendere un intero stipendio per sfoggiare un Monclear, consapevoli che ne stiamo pagando molti di piú!

  28. Ho letto tutti i commenti e ringrazio tutti voi di esistere ma contro il pessimismo dilagante voglio dire che non posso credere che gli Italiani in gamba (intelligenti,sensibili,illuminati…) siano tutti qui: voglio sperare che siate la punta di un iceberg ben più corposo anche se sommerso e (ancora) silente

  29. Moncler Moncler Moncler……
    Ma in Transinistria hanno filmato anche i marchi Prada, Peuterey, Aspesi: la verità è che questa roba, anche se hai i soldi, non va comprata perchè non vale il prezzo che costa … e costa tanto solo per i desiderio che fanno nascere in noi di possederla.

  30. vi indignate per le oche spennate vive e ingurgitate chili e chili di carne macellata e bevete litri e litri di latte che non serve a voi, ma a madri violentate in continuazione e derubate dei loro piccoli. La vostra giornata inizia con la morte di un altro essere.

  31. A parte che i servizi di Report sono notoriamente taggati come #ilgiornodopononsuccedeuncazzo
    vi è mai venuto in mente che questo servizio è un regalo alle aziende che vendono per 400 euro un piumino con imbottitura sintetica (ma garantito ecologicamente sostenibile) il cui costo di produzione è < 10 eurini?

  32. Bella analisi, ma spero che tu non ti sia basato sul sentiment automatico… non esiste tool al mondo che sia efficiace in questo senso: tutte le citazioni che il software non riesce a catalogare finiscono su “neutral”, quindi eviterei di dire che “il sentiment è già tornato a livelli accettabili”.

  33. Ilario SeoCopy Gobbi

    Non mi stupisce che l’azienda adotti tutti, e dico tutti, gli espedienti possibili per risparmiare (chi ce li vede gli azionisti a pensare “Ma sì, dai, produciamo in Italia dove il lavoro costa di più, sennò gli operai ci restano male…” ?) quello che veramente mi lascia basito è lo scarsissimo interesse a ribattere con fatti (se ve ne sono) alle accuse sui social network.
    Probabilmente tra 10 giorni nessuno se ne ricorderà più, ma le conseguenze in Borsa si sono già fatte sentire: possibile che nessuno al settore Marketing, visto che come dici tu l’inchiesta era già nota, abbia pensato di premunirsi con un worst case scenario per rimediare almeno su Facebook? Gliene importerà davvero così poco oppure semplice negligenza?

  34. La clientela di Moncler sarà pure poco sensibile agli animali, ma essendo ricca è MOLTO sensibile alle fregature.
    Dubito che ai ricchi & famosi faccia piacere sapere di avere addosso un capo da 50 euro, dopo averne cacciati 1600.

  35. oberdan marconi

    30 euro costo del capo
    1 euro costo trasporto dal produttore al centro di distribuzione
    1 euro costi di logistica interna
    3/5 euro costi di spedizione al negozio
    ipotizziamo 15 /20 euro per pubblicità’ / marketing / progettazione / gestione negozi
    il costo di 50/55 euro finito e’ molto reale per cui considerando che i negozi sono vendita diretta 1600-55= 1545 euro – le tasse che pagheranno in quale paese l’ italia ?ecco a voi il furto legalizzato
    va bene il business ma se fosse anche etico tipo dare lavoro agli italiani tutti i grandi discorsi sul made in italy avrebbero un loro fine semi utopistico far star bene tutti quelli che vivono in italia

  36. A Dubai ogni anno viene fatta la fiera per gli accessori alta moda. Cerniere, borchie, etc…Per quel che mi riguarda gli accessori di una borsa da donna da 4.000,00 euro costano circa 2 euro. O bravo chi vende o poco furbo chi compra. O meglio la qualità e il prezzo sono fatti di tre ingredienti: onestà nel chi produce, conoscenza in chi compra e riconoscimento del giusto lavoro svolto. Il resto? Nullità. A Predazzo (Tn) c’era un calzolaio. Purtroppo deceduto 2 anni fa, oramai anziano. Il mitico Favaron. Faceva scarpe e scarponi a mano. Cuciva a mano. Tagliava a mano. Nel suo laboratorio era tanto se c’era una lampadina. Le sue opere d’arte? Le vendeva da 70,00 euro a 110,00. Perfette, indistruttibili. Qualcuno un giorno gli disse: in Corso Italia a Cortina d’Ampezzo le venderebbe ad oltre 1.000,00 euro al paio. Rispose: siamo matti? Sono onesto e mi piace il mio lavoro. Le vendo per quelle che sono: scarpe.

  37. Il problema è comune ai maggiori marchi purtroppo… a me piacerebbe partecipare al boicottaggio, ma francamente non ho mai avuto nè i soldi per comprare un moncler, nè la necessità di avere un piumino in quanto patisco pochissimo il freddo 😉 vale lo stesso il mio supporto?

    1. Riccardo Esposito

      Infatti, la situazione si è evoluta come ho specificato anche negli aggiornamenti. A breve completerò l’approfondimento 😉

  38. La Gabanelli conduce ottime inchieste ma appartiene alla categoria degli spandim…a sensazionalisti. Se voleva puntare il dito su ditte quasi italiane che producono all’estero questo non mi pare il modo. L’attacco diretto ad un brand fa pensare che dietro ci sia la sponsorizzazione della concorrenza. Pensare poi che una ditta che da inizio anno ha perso in borsa il 30% possa subire un tracollo per il servizio di Report è ridicolo.
    La gente si scandalizza per 10 minuti e poi tutto si dimentica. Poverette le oche, ma se per prendere le piume le macellassero sarebbe peggio, o no? Quando la Gabanelli va a fare la ceretta soffre in silenzio o preferirebbe la seconda soluzione?
    E noi paghiamo profumatamente per vedere questi attacchi forse anche prezzolati?
    Niente contro la Gabanelli che fa il suo lavoro, ma qualcuno li passa in tv questi servizi in nome della audience.

  39. Condivido appieno il commento di Ezio. La caduta in borsa del marchio, cominciata mesi fa e acutizzata dopo la puntata di Report, l’ufficio stampa di Moncler che non prende alcuna posizione e lascia imperversare ogni genere di commento sulla rete, il comunicato che arriva nel tardo pomeriggio quando oramai i giochi sono fatti e non smentisce in alcun modo le accuse… tutto mi sembra in realtà molto poco casuale.
    Se qualcuno voleva che si parlasse di Moncler c’è riuscito. Nel bene o nel male, l’importante è che se ne parli, o sbaglio?
    Da comunicatore, il mio primo pensiero è andato alle oche, che con questo ulteriore tracollo in borsa finiranno oltre che spennate, anche a fare la fame…
    Da comunicatore il secondo pensiero è andato a tutti quei casi montati in rete come uragani e poi svaniti nel nulla, in cui sembra che dall’altro capo del filo ci sia una segreteria telefonica rotta.
    E sempre da comunicatore mi chiedo quanto tempo si potrà ancora andare avanti sfruttando la rete quando serve, con i contest, i fake, il coinvolgimento di blogger che fanno presa, l’analisi dei competitor, la conquista di fan e follower che vengono coccolati, omaggiati, coinvolti, seguiti, a cui si dà voce e li si ascolta,…e poi, li si molla. Si dice che la gente si scandalizza per 10 minuti e poi tutto si dimentica: del resto si fa di tutto per far dimenticare. Basta non rispondere: Moncler non pubblica più nulla da 18 ore.
    I suoi fan sono diventati troppo complessi da gestire.
    Gli altri, quelli che comunque andranno avanti a comprare Moncler, non per il magnifico rapporto qualità/prezzo che lo contraddistingue, bensì perchè probabilmente se lo possono permettere insieme a molte altre cose, ecco quelli non sono certamente tra i 1.059.621 che hanno messo “mi piace” alla pagina social del giubbetto di piume.

  40. La cosa che trovo più esilarante di tutto il polverone sollevato su Moncler è che sembra che tutti i clienti (veri o millantati – e opto per il millantati dato che non tutta la popolazione spende 1000€ per un piumino) siano più disgustati dalle oche spennate vive che dal fatto che si fanno prendere per il **** pagando un ricarico di piu del 1600%+IVA, 1600%!!!

    1. Guglielmo, lasciamo perdere il più o meno alto rincaro che dipende dalla catena e dalla possibilità di spesa dei clienti che vogliono comprare il marchio più che il prodotto.
      Ma tutte le cause perse dalla Gabianelli chi le paga? Presumo la RAI e quindi siamo noi come abbonati che ci facciamo prendere per il ****.

  41. GODO…per tutti i fessi che hanno comprato sto “coso” per di più brutto e simile ad un sacco della spazzatura spendendo fior di soldi e sapere che realmente è costato 30 euro….piegati a 90….ora prendetelo…se siete pecore e comprereste qualsiasi cosa perchè tira vi sta in quel posto!

  42. Io non concordo. Perché c’è caso e caso. E la responsabilità sociale di impresa è importante.
    Ogni caso va valutato in base alla situazione e ha cosa ha creato. Moncler, in sintesi:
    1) produce un prodotto di poco valore e lo rivende a prezzo stratosferico (attenzione: non parlo solo di delocalizzazione e immagine di marca. Il prezzo di un prodotto non è necessariamente legato al costo, specie se si tratta di lusso). Moncler utilizza piuma d’anatra, ad esempio, chiamata Jacquard (fa più figo il francese). Anche questo si è scoperto. Chi compra il prodotto non penso lo sapesse, vero? Come la prende? Dimentica? No di certo. I commenti sui social sono una cosa, il comportamento d’acquisto successivo un altro. Può dimenticare che alla base c’è l’esternalizzazione, che si fanno soffrire animali, ma per me non dimenticherà mai di ritrovarsi ad aver comprato un prodotto di qualità più scadente di quanto pensava prima. cala l’immagine del prodotto tra le altre cose, quindi il suo valore.
    2) dei commenti che leggo sui social mi colpisce chi fa il sapientone “pensavate che i piumini provenissero dall’aria”? Invece esistono piumini sintetici. Save the Duck o The North Face sono un esempio. Non è per dare una info in più, è anche per far notare che quando si analizzano i commenti andrebbe analizzato anche il tipo. Molti dei conteggiati come non negativi sono ironici, ma di base denigratori verso l’azienda.

    Insomma, nella storia ci sono casi dimenticati subito (la Apple e i cinesi non riguardano tanto l’Italia. Uscita in estate sui giornali, in trafiletto. O quasi. Quanti l’han letta? Quanti hanno visto Report?).

    Nella storia esistono casi di “gabbole” scoperte nei confronti delle aziende che invece han fatto seri danni e le hanno costrette a cambiare, chiedendo scusa.
    Oasi felici Plasmon, un esempio.
    Oppure difetti di fabbrica che hanno gravato molto sugli utili, vedi le Nissan difettose. (caso diverso, ma il senso rimane)

    pensare che un’azienda se ne debba fregare dei social etc. perché tanto “prima o poi la gente dimentica” allora significa che il lavoro che si fa in comunicazione – io lavoro nel settore – non servi a nulla.
    Invece la media relantionship e ancor di più la relazione con i consumatori, passando per i social, sono fondamentali. Il fatto che non risponda, in questo caso è una strategia sbagliata perché intacca l’immagine e il valore di prodotto in chi acquista, nel target. E in tutta la società. E’ un po’ come “il pallone è mio e lo porto via” (per pallone mettete pure il social network di turno). No, non funziona così. Se entri in campo devi giocare.

    A me pare che al danno stia sommando altro danno con l’atteggiamento post puntata di Report. Ma rimane la mia personalissima opinione.

  43. Sono una user del web, non “professionista”.
    Qualcuno sa spiegarmi la seguente cosa, che si sta verificando da ieri sul web: anche gli ultimi post sulla pagina FB di Prada sono stati seguiti da centinaia di commenti negativi sull’azienda e le sue logiche di profitto.

    Eppure nessuna notizia in merito sembra essere stata pubblicata in nessun luogo.
    Ho fatto ricerche con diverse parole chiave, in vari momenti (Prada, Report, FB, etc) Nulla.
    Sulla pagina FB l’azienda non risponde ai commenti lasciati (maestri nel creare il nulla/muro di gomma intorno alle critiche che ricevono).
    Diversamente da quanto accade con Moncler, le centinaia di commenti negativi, che pure ci sono, non finiranno con il danneggiarla: semplicemente non hanno eco.
    Come è possibile tutto questo?

  44. Potrò sembrare gretto ma……

    ci vuole il piombo…. il piombo per tutte le persone inette.
    Ho letto molti discorsi e sono arrivato a una conclusione…. nessuno ha capito una mazza…. siamo l unico paese dove il
    Meridionalotto medio compra il moncler al figlio di 3 anni…é a rotta di collo continua a comprarlo finché non ne ha 20 a costo di farsi il mutuo….. A quel punto il bimbo fino a 10 anni capisce una mazza mah a 11 comincia a dire, Belin ho il moncler addosso….é quando avrà famiglia e figli farà lo stesso.
    tutto comincia dalla educazione, e in quanto a educazione passando dai cellulari (2 pro capite) alle auto alle vacanze in leasing 🙂 siamo maestri…. se report facesse una puntata su come educare i figli…forse tra 20 anni ci saremmo levati dai coglioni sti 4 pirla che vi prendono per le palle e tirano forte
    e magari riavremo 3 orchestre della Rai. ..riaprire mo i teatri e tante belle cose….
    cultura che va via e moncler che ci tiene caldo… che cuuuuuuuuulo!!!! XD

  45. Diciamo che nel nostro caro mondo esiste la desensibilizzazione operata più o meno coscientemente: gli azionisti agiscono con l’obiettivo del profitto senza interessarsi di come venga realizzato, i consumatori acquistano senza interessarsi a come il prodotto “inglobato” venga realizzato.
    Poi qualcuno a posteriori cerca di portarci tutti coi piedi per terra, ma viviamo (e funzioniamo) tutti allegramente decontestualizzati. E la rete risponde, sì, ma non muta concretamente la realtà del nostro modo di agire. Eppure forse, visto come viviamo, si tratta di uno sforzo di per sè “eroico”, e non banale. Ma l’articolo è uno spunto interessante: quanto efficace?

    Aggiungo che mi sembra strano sentire parlare delle oche, in termini di “se venivano macellate era peggio”, “ora patiranno la fame”, sinceramente senza voler scatenare flame mi sembra che chi afferma queste cose del destino delle oche non gli interessi nè se vengono spennate, nè se vengono “buttate su una strada” (e pure qua parliamo di comunicazione).

  46. Ciao Riccardo,
    in effetti anche a me sconcerta un po’ l’ingenuità e, diciamolo, l’ignoranza delle persone: io sono anni che non compro più indumenti fabbricati con piume d’oca, queste cose si sapevano già… mi spaventano queste persone: sono davvero massa critica, o sono solo persone manipolabili perché non vogliono informarsi sul mondo che li circonda? Sì , mi spaventano, perché vivono in una totale inconsapevolezza, e quindi come oggi fanno un gran polverone contro la Moncler- che io approvo, intendiamoci- così, temo che domani dimenticheranno tutto, tornando alla loro beata, sognante e un po’ becera ignoranza del mondo che li circonda.

  47. e a oggi come è finita la storia? tutto dimenticato. A distanza di mesi penso che il marchio molto forte dell’azienda che sta nella testa di molti consumatori abbia cancellato l’incidente. Forse l’azienda avrà rimediato per la produzione della materia prima della piuma d’oca, forse l’immagine sarà ancora più rafforzata!

  48. Secondo me la Moncler non ha risposto da subito alle critiche semplicemete perchè la cattiva pubblicità non esiste, anche se qualcuno pubblica sui social un post negativo su Moncler, su 100 persone che lo leggeranno, 60 (a dire tanto) sono d’accordo con l’utore del post, 25 visitano il sito Moncler, 5 condividono la notizia, 5 pensano che sia una cazzata e 5 non sono interessati dalla notizia ma più dai Molcler… e due di quelli magari penseranno pure a comprarselo… perciò per il marchio non è altro che pubblicità e soprattutto E’ GRATIS!

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