Di Riccardo Esposito | Pubblicato il - Aggiornato il
Ieri ho ricevuto un’email che esordiva in questo modo: “con preghiera di pubblicazione”. Ma cosa significa? Questa è la formula usata dai giornalisti o chi si occupa di digital PR per indicare la presenza di un comunicato stampa.
Quando mandi un documento del genere via posta elettronica spesso è consigliabile aggiungere la dicitura con preghiera di pubblicazione (o diffusione, in alternativa) per far capire subito a chi riceve l’email che si tratta di un documento giornalistico.
Cosa significa con preghiera di pubblicazione
Con questo termine intendiamo chiedere al giornalista o al blogger di diffondere il testo in modo da amplificare la notizia. Ma bisogna sempre valutare l’effetto.
Una email con preghiera di pubblicazione, se non contestualizzata, mi trasmette diverse sensazioni. E tutte negative: sono solo un numero, il mio contributo è totalmente indifferente. Il nome di chi l’ha mandata sarà sinonimo di inefficienza.
È una brutta pubblicità se la moltiplichi per il numero di persone a cui hai inviato l’email. Fai un piacere tuoi contatti: non mandare più messaggi del genere.
Con preghiera di pubblicazione spesso diventa spam
L’email che inizia con preghiera di pubblicazione finisce nella cartella dello spam. E come diffondiamo il comunicato senza distruggere la tranquillità del blogger?
Qualche idea: un semplice post sul tuo blog. Una newsletter. Un uso sapiente di social, un piccolo investimento con le pubblicità di Facebook.
Ci sono i rapporti umani, quelli caldi e reali. Se un collega mi contatta via email, mi saluta per nome e cognome, si presenta e mi descrive un progetto… io lo ascolto.
Sicuramente non pubblicherò il suo comunicato stampa sul mio blog, questo è logico, ma mi ricorderò di lui. Mi ricorderò del suo nome, del suo progetto. E se un giorno mi tornerà utile lo cercherò.
L’effetto negativo è amplificato quando trovi la frase: “Questo messaggio è stato inviato perché pensiamo e speriamo che il contenuto possa interessarti”.
I blog non sono giornali! Qui non è ancora chiaro che sul web, con i blogger, attraverso i social network vanno coltivati rapporti umani e non semplici “caselle” o redazioni dove far arrivare un freddo comunicato nascondendosi dietro un agghiacciante “con preghiera di pubblicazione”…. ecco, l’ho detto! Doh!
Che poi vai a leggere il comunicato ed è una fiera del burocratese, dell’italiano freddo e distaccato.
Tempo fa dicevo che si avvicinava la fine di un certo tipo di comunicato stampa, ora dico che è morto e sepolto. Saper scrivere è una cosa, saper comunicare è un’altra.
Buongiorno Riccardo,
anche a me trasmette sensazioni esclusivamente negative, si viene cercati solo per far numero, è come se si volessero togliere un dente in fretta e furia senza attenzione ne cura, così si rischia il dissanguamento, e infatti…
Lasciamo stare i denti, ti prego. Ho una paura matta del dentista!
Ma il succo è questo: siete 10.000 contatti? Mando la stessa storia a tutti e chissenefrega. Però la gente è stanca, il tempo sempre meno e finisci in un attimo nel cestino. O peggio, nello spam. E il tuo nome sarà legato sempre alle tue esperienze.
D’accordissimo. I “comunicati stampa” sono semplicemente ignoranza circa le relazioni virtuali.
Da un lato ci sono agenzie e altri player del digital marketing che e pensano di poter cannibalizzare spazi PRIVATI come se fossero magazine, quando basterebbe seguire le persone e capendo se e in che termini sono disposte a collaborare con un brand (nel mio blog c’è un’esplicita pagina mission, le agenzie che mandano questo spam non hanno mai perso un minuto per leggerla. Eppure, fuori dal mio blog, sono disposta a scrivere per altri, se pagata). Certo, l’osservazione richiede un interesse reale e costante, mentre spammare è veloce e semplice.
Poi c’è una seconda categoria di spammers. Ho scritto per anni per il giornale locale e gli enti pubblici, nonché politicanti, nonché associazioni, non perdono occasioni per inviarmi qualunque tipo di comunicazione inutile, con oggetti lunghissimi e allegati pesanti, “con preghiera di pubblicazione”. Questo, al di là della blogsfera, è totale incapacità di capire come si utilizza l’email. E siamo nel 2013.
Ok, se vogliamo ampliare il discorso e parlare del come sia possibile un certo utilizzo dell’email nel 2013…
Io, ad esempio, conosco persone capaci di scrivere l’email nell’oggetto e lasciare il corpo del messaggio vuoto. Vuoto, capisci?
Una delle poche volte che mi è capitato di ricevere simili richieste ho risposto dicendo che ero disponibile, a patto di seguire una vecchia regola: “Dare denaro, vedere cammello.” Non hanno risposto e non si sono fatti più vivi. Aneddoti a parte, fa specie che ci sia ancora gente convinta di ottenere risultati con questo tipo email.
Così, mai fatto. Però devo ammettere che ogni tanto mi avvicino allo spam, se non sono riuscito a capire qual’è il mio target e sto cercando di diffondere un messaggio senza aver potuto capire il suo reale valore.
Ma il web in generale contiene un mare di spam. Nel mio piccolo mi dò da fare per il meglio, certo che poi è il mio cliente a mettere la firma.
Tu come ti comporti con il clienti che fanno richieste che ti impediscono di applicare i tuoi principi di buona qualità?
Ciao Bruno,
Il mio atteggiamento è semplice: solo lavoro eticamente corretto. Se perdi la faccia nessuno te la ripaga.
Non credi?
A me hanno mandato di tutto: spesso è un semplice copia-incolla (no intestazione, solo comunicato, a malapena aggiungevano l’indirizzo e-mail). Quando ho parlato in un e-book di questo andazzo (per la serie “Almeno presentatevi”) giù con i cliché: “Siamo giovani (poi sono minimo sei anni più grandi di me, ma non possono saperlo)”, “Saremmo felici se…”, ecc. Poi magari accetti, nemmeno un grazie. It’s life.
Penso che le mail pubblicitarie, non parlo di newsletter, ma quelle che ti arrivano nella tua casella di posta per non so quale motivo o solamente perchè ti sei iscritto in qualche sito web siano poco efficaci. C’è ancora qualcuno che le apre? Ha ancora senso mandarle? Secondo me inutile spreco di tempo e denaro.
Certo, uno spreco ma non solo: di certo queste azioni non fanno bene all’immagine online.
Certo Riccardo,
sicuramente mi tutelo la faccia. E credo anche che ciascun professionista alla fine si sceglie i propri “simili” come clienti.
Però mi capitano i compromessi. Penso che, magari, quella newsletter strafalcione potrebbe essere frutto di compromessi e una situazione, o relazione, disperata. O magari la causa di un divorzio…