Cos’è l’ego baiting?

Di Riccardo Esposito | Pubblicato il - Aggiornato il

C’è una tecnica di blogging – più o meno fortunata, più o meno conosciuta – che porta un nome misterioso, criptico. Sto parlando dell’ego baiting. Ovvero il tentativo di ottenere commenti, condivisioni ed engagement notificando le citazioni.

Cos'è l'ego baiting?
Prenditi cura dei lettori.

L’ego baiting cerca l’attenzione di altri blogger attraverso una leva molto efficace: l’ego. L’essere umano è prevedibile, risponde a meccanismi universali. Ci sono delle differenze tra individui ma puntare sull’ego vuol dire giocare su un terreno sicuro.

Quasi sicuro. Perché il risultato garantito non appartiene a questo mondo. Inoltre, le tecniche di ego baiting possono diventare un’arma a doppio taglio in un attimo.

Ego baiting: una definizione

Le tecniche di ego baiting puntano a diversi obiettivi (link, share, click, commenti) e permettono – in linea di principio – di attirare l’attenzione delle persone menzionate in un post. Ti cito e ti avviso per ottenere una condivisione, un commento, un posto di riguardo nel feed reader. Tante possono essere le opportunità e le reazioni quando si tocca l’ego.

Come avviene la notifica?

Attraverso citazioni su Twitter, Facebook, LinkedIn ma con un messaggio privato via chat o email. Facile, vero? Il meccanismo è semplice ma, al tempo stesso, rischioso sia quando si fa sulla pagine web con link ipertestuali, sia sui social network.

Questa tecnica è errata nella sua forma pura. Inserite un link solo per poter dire a qualcuno “ehi, oggi ti ho citato qui” è sbagliato. In in web sempre più duro verso chi pubblica link superflui (consapevolmente o meno) questi trucchi sono rischiosi.

ego baiting
Non esagerare con questa tecnica.

I link restano un elemento necessario al lettore per approfondire un tema e per dare riferimento a chi ti ha permesso di sviluppare conoscenze. Per questo dico “no” alle tecniche di ego bait spinte. Proprio come avviene con il link baiting.

Evoluzioni positive dell’ego

Mi piace, invece, l’idea di un coinvolgimento virtuoso dei contatti. Esempio: scrivo un articolo dedicato a un argomento che sta a cuore a un contatto su Facebook.

Pubblico l’articolo e cito questo fan o follower in un aggiornamento social per lasciare un innesco: “ho scritto cose giuste? Tu che ne pensi? Ti piace? Posso migliorare?”. In ogni caso, per condividere un post con una persona devi rispettare 2 condizioni:

  • Una conoscenza delle competenze della persona chiamata in causa.
  • Un approccio educato e non invasivo (diverso dal click baiting).

Il mio punto di vista: coinvolgere con moderazione, non far sentire in obbligo di rispondere. I social possono diventare perniciosi come poche cose al mondo. Se bombardi di notifiche i tuoi fan/follower rischi di ottenere il risultato opposto.

Quindi, tu usi l’ego baiting?

Il coinvolgimento del lettore deve essere graduale e naturale. I social possono stuzzicare l’interesse o l’ego delle persone, ma non devono snervante il lettore.

Far sentire in obbligo il lettore può essere un buon modo per perderlo. Secondo te è giusto coinvolgerlo sfruttando i social? Voglio conoscere la tua opinione.

Riccardo Esposito

Sono un web writer freelance. Mi occupo di scrittura online dal 2009, mi sono specializzato nella stesura di piani editoriali per blog aziendali. Ho scritto 3 libri dedicati al mondo del blogging e della scrittura online (bio di Riccardo Esposito).

Categoria: Marketing

11 commenti su “Cos’è l’ego baiting?”

  1. Questa tecnica la uso nei miei 2 blog, ma non ho mai avvisato nessuno di averlo citato nel post. Ho però fatto come te, in alcuni casi su Twitter ho avvisato una o due persone che avevo citato, proprio perché potevano essere interessate.

    Spesso mi capita di “usare” i lettori, citando un loro commento nel post che mi hanno ispirato. Ma lo vengono a sapere se e quando leggeranno quel post.

    C’è un’altra tecnica, che io ho chiamato “strategia del trackback”: l’ho vista usare da Darren Rowse nei suoi primissimi post. Si tratta di scrivere post prendendo spunto da articoli di altri blogger linkandoli. A loro arriva il pingback e così “si accorgono” di quel nuovo blog.

    1. Ciao Daniele,

      ma, forse sono stupido io però, non ho ancora capito come risalire al mittente del pingback.
      Io utilizzo WordPress ed ogni volta, fra i commenti, noto indirizzi inverosimili arrivare dai pingback. L’unico che ho riconosciuto, ad oggi, è quello di scoop.it -.-”

      Ne approfitto per chiederti aiuto…forse mi sfugge qualcosa…forse… 😀

      1. Allora:
        – il pingback è solo un segnale fra blog, per capire se la sorgente del link esiste realmente. Quindi è un segnale di sicurezza. Il pingback non lascia traccia.

        – Il trackback invece, come si deduce dal nome, lascia una traccia, quindi dovresti leggere: blog mittente, titolo ed estratto del contenuto. Non è detto che tu riesca a leggere tutte queste informazioni, perché dipende dalla piattaforma di blogging.

        Però, comunque sia, dal link risali al mittente. E il link c’è sempre.

  2. Buongiorno Riccardo,

    personalmente sì, mi è capitato di “avvisare” i citati ma, perché sapevo che potevano essere interessati.
    Se lo si fa occasionalmente non ci vedo nulla di male. Chiaro che, se ne si fa abuso, anche no!

    Le cerchie di Google+ le vedo come arma a doppio taglio. Non ti sembra che possano essere molto invasive?
    Ho notato utenti che le sfruttano come se non ci fosse un domani e, questo, può mutarsi tranquillamente in spam, perché invasivo.

    1. Riccardo Esposito

      Ciao Alessandro,

      Sì, le cerchie possono essere pericolose soprattutto se accompagnate alla notifica via email. Inserire una persona o un gruppo di persone specifico nell’aggiornamento Google Plus vuol dire essere sicuro di non dare fastidio. Ad esempio, l’articolo che ho pubblicato ieri sulla penalizzazione My Social Web poteva essere inviato alla cerchia dei SEO italiani.

      Io credo che sia un’azione da mettere in pratica con moderazione.

  3. L’Ego Baiting è molto efficace in un contesto di content marketing, per raggiungere i vari moltiplicatori/esperti della nicchia in questione, ed aumentare così la visibilità e ricevere link molto autorevoli. Oltre che citarli nei social, è molto efficace anche fargli scrivere dei guest post o delle interviste come “specialisti” . In questo modo le persone in questione (grazie anche al loro ego) inoltreranno il contenuto nei loro canali sociali e ne loro blog.

  4. Ciao Riccardo, tu mi stimoli i dubbi: il mio blog lo conosci, e sai, come tutti, che non vendo niente a nessuno, fondamentalmente non lo uso nemmeno come mezzo pubblicitario. Quindi alle volte so che certe dinamiche non mi toccano, ma in questo caso mi viene un dubbio. Io ho scritto degli articoli proprio prendendo come esempio alcune persone della rete e quindi ho sfruttato questa pratica che descrivi. A questo punto mi viene un dubbio: secondo te era meglio non farlo? Rientro comunque nel rischio boomerang o non sfruttando commercialmente in alcun modo la cosa posso evitare di stare a pensarci troppo e continuare a fare le cose così come mi viene voglia di farle?

    1. Riccardo Esposito

      Ciao Andrea,

      Conosco il tuo blog è posso dirti che vai tranquillo: la pratica dell’ego bait non è negativa sempre e comunque. Anche io cito le persone che per un motivo o per un altro sono interessate ai miei post. Quello che sottolineo è questo: non scrivere post con l’idea che poi si debba ottenere qualcosa in cambio citando delle persone.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto