Cosa sono i bias cognitivi, come si usano nel copywriting: 3 esempi

Di Riccardo Esposito | Pubblicato il - Aggiornato il

Puoi usare i bias cognitivi nel copywriting per creare testi persuasivi e per indirizzare le persone, con le famose spinte gentili, verso delle scelte che avvantaggiano il tuo obiettivo finale. Ovvero convincere i potenziali clienti.


I bias cognitivi sono interpretazioni della realtà che portano verso una valutazione errata, soggettiva, della realtà. Questo avviene a causa di schemi mentali, rappresentazioni culturali e timori che spingono verso interpretazioni soggettive

Cosa sono i bias cognitivi?

Creare contenuti persuasivi non è semplice. Oltre ad adottare astuzie tecniche bisogna conoscere la psicologia cognitiva, terreno nel quale si radicano i bias cognitivi. Il ruolo di questi elementi nel web marketing e del persuasive copywriting?

Cosa sono i bias cognitivi: una definizione

Ti sei chiesto perché alcuni messaggi pubblicitari e promozionali hanno presa su di te, mentre altri ti passano davanti agli occhi e quasi non li noti? 

Spesso è merito dei bias cognitivi, una distorsione soggettiva della realtà delineata da un pregiudizio preesistente alla condizione che si presenta all’attenzione dell’individuo.

Detto in altre parole, la definizione di bias cognitivo ti fa capire che la base di partenza è la capacità cognitiva che deve aiutare a prendere decisioni efficaci.

Ma che viene influenzata (con principio di impegno e coerenza, avversione alla perdita, principio di scarsità, riprova sociale, effetto primacy e recency) da esperienze precedenti, contesto culturale, schemi mentali, opinioni importanti, giudizi e timori. Ogni volta che:

  • Inserisci i tuoi contatti in un form.
  • Ti iscrivi a una newsletter.
  • Acquisti in un e-commerce.
  • Richiedi un preventivo o una consulenza.
  • Chiami a un numero verde.
  • Scegli sullo scaffale un prodotto invece di un altro.
  • Preferisci un Brand a un suo concorrente.
  • Lasci un commento su un social.

La tua decisione non avviene per caso. Ogni tua (re)azione è il risultato di precise scelte comunicative, studiate e realizzate per condizionarti e per provocare i tuoi giudizi, le tue preferenze e le tue decisioni in modo istintivo e inconsapevole.

Per approfondire: come scrivere un testo SEO Oriented

Perché usare bias cognitivi nel marketing

Se fai leva sui pregiudizi, sugli errori di valutazione e su determinate scorciatoie cognitive dei consumer hai più possibilità di ottenere le reazioni che ti aspetti.

bias cognitivi
Ecco un bel bias cognitivo.

Claim, script per uno spot radio, payoff, testi per un sito web, landing page, email per una campagna DEM, articolo di un blog, headline efficacetagline: hai sempre bisogno di orientare una decisione e di suscitare delle preferenze.

In tutti questi casi, sfruttare gli studi di neuroscienze e psicologia cognitiva sulle risposte intuitive della nostra mente può aiutarti a migliorare le performance delle tue azioni di marketing. In che modo? Scopriamo gli esempi dei bias cognitivi.

Bias ed euristiche: inganni della mente

Autoinganni, decisioni prese senza procedimenti della logica, giudizi errati che si basano su valutazioni dovute a false credenze. Insomma, chiamali come preferisci.

I bias cognitivi e le euristiche sono dei meccanismi mentali che permettono a ognuno di noi di farsi delle idee in modo immediato e senza perdere tempo

Ma ciò avviene a partire dalle opinioni radicate nel nostro modo di pensare e vedere le cose, nella nostra cultura e nella nostra storia individuale e collettiva.

Perché li usiamo?

Perché sono economici. Ci fanno decidere e agire quasi con un colpo d’occhio, in maniera irrazionale ed emotiva, senza dover passare attraverso i passaggi.

Evitano un calcolo, una deduzione o un confronto fra troppe alternative. Ci fanno risparmiare tempo e risorse, sono interessanti per questo motivo.

Quando li usiamo?

Ogni volta che dobbiamo elaborare delle informazioni, soprattutto quelle con pochi dettagli o troppi, e decidere cosa fare. Il rovescio della medaglia dei bias cognitivi?

bias cognitivi e marketing
come sfruttare i bias della percezione umana.

Il lato negativo dei bias cognitivi è che ci convincono di qualcosa che, a uno sguardo più critico, non è esattamente come lo stiamo valutando o percependo o pensando. Quindi, ci facilitano la vita ma in molti casi ci prendono pure in giro, ci illudono.

Lavorare con bias cognitivi e marketing

Questi meccanismi che si innescano in automatico vengono utilizzati nel marketing e nella pubblicità per farci comprare,confermare o cambiare le preferenze di acquisto, dare consenso a una proposta commerciale o a campagne di loyalty (fedeltà).

E vengono utilizzati in maniera sottile, non te ne accorgi. Come del resto non ti accorgi che bias cognitivi ed euristiche si azionano nelle tue esperienze quotidiane.

Ora è venuto il momento di vedere da vicino come agiscono i tuoi, i miei, i nostri pregiudizi quando un annuncio o un messaggio ci invita a compiere un’azione e a fare una determinata scelta. Ricorda però che bias cognitivo e marketing devono essere sempre usati in modo etico: per migliorare la comunicazione, non raggirare.

Esempi di bias cognitivi nell’economia

Uno dei punti decisivi quando si parla di quest’argomento è l’esempio. In linea teorica puoi capire perfettamente il bias cognitivo: ora manca l’elemento pratico.

Tieni presente che di bias cognitivi e di euristiche se ne contano un bel po’ e che qui ne tratteremo tre. Ovvero i più usati nel marketing e nel copywriting.

Ancoraggio (Anchoring Bias)

Immagina di trovarti in un negozio di elettronica e vuoi comprare una macchina fotografica. Ne vedi una con le caratteristiche che cerchi, ti piace e il prezzo è di 499 €. La compri subito? Pensi che è troppo cara e stai lì a rifletterci.

Ti blocchi senza sapere se prenderla o no. Pensi di rinunciare perché non vuoi spendere tanti soldi. A un certo punto ti si avvicina un addetto alle vendite e ti fa:

Guardi che solo per oggi questa macchina fotografica può averla con lo sconto del 20%. Anziché pagarla 499 €, è sua per 399 € con un risparmio di ben 100 €.

“Be’, è la macchina che cercavo. A queste condizioni la prendo, mi conviene. E se non la prendo oggi, finisce che non la compro più o che dovrò accontentarmi di un’altra macchina fotografica con meno funzioni”. Come mai hai deciso di acquistarla?

Il confronto è centrale

Hai fatto un confronto grazie a un ancoraggio. È bastato un termine di paragone (399 € paragonati a 499 €) per farti percepire lo stesso prodotto come conveniente.

Senza il bias dell’ancoraggio non avresti molto probabilmente acquistato quella macchina fotografica e il negozio non l’avrebbe venduta così facilmente.

Il venditore ha inserito un innesco che fa leva sul tuo bias dell’avversione alla perdita, sfruttando il principio di urgenza. Hai notato il solo per oggi?

Esempi di bias dell’ancoraggio

È questa formuletta magica a farti pensare che hai soltanto oggi per fare un affare e che se non ti muovi a comprare lo perdi. Vuoi davvero perdere l’affare?  Eccoti un esempio di ancoraggio, preso online, e come di solito viene reso graficamente.

bias cognitivi, esempi
Esempio bias dell’ancoraggio.

E se invece di farti soltanto acquistare, vogliono farti comprare un prodotto con un determinato prezzo? Magari quello che dà maggiori guadagni all’azienda?  

Stessa logica dell’ancoraggio, ma stavolta usata presentandoti più opzioni fra cui scegliere. E bada che tu sceglierai esattamente ciò che vogliono farti acquistare.

Il prezzo più alto (l’àncora) lo hanno messo a sinistra, perché noi leggiamo da sinistra a destra. Pochissime differenze di funzione fra la prima scelta e la seconda: cambia solo il numero dei Visitors. La terza scelta nemmeno la prendi in considerazione

bias cognitivi prezzi
Esempio di ancoraggio con più opzioni

Il motivo è semplice: questa opzione ha funzioni troppo limitate o carenti. Anzi, per risparmiare l’equivalente in euro di 50 dollari a casa non ti porti quasi nulla.

Il pacchetto che vogliono farti acquistare è anche evidenziato dal colore azzurro: una calamita per i tuoi occhi. Ora guardiamo il copy: sei un’agenzia di Marketing? No, sei un consulente di Marketing e lavori con numeri inferiori a quelli di un’agenzia.

Che vuoi di più per acquistare la seconda proposta? È perfetta, te lo stanno dicendo in tutti i modi. Ora, come esempio di ancoraggio ti propongo una vera chicca.

Idea differenziante e ancoraggio acustico

Jolie è la nuova macchina Lavazza. Il brand ha scelto un preciso posizionamento per il suo prodotto, ricavandolo dalle lamentele dei clienti di altri produttori di cialde e macchine da caffè. Vedi quanto è importante ascoltare prima di creare?

L’idea differenziante su cui Lavazza punta per battere i competitor è la silenziosità della sua Jolie, un’idea che va comunicata in maniera efficace e persuasiva. Il copy ti sta dicendo che è così silenziosa da prepararti il caffè in tutta tranquillità.

Esempio di ancoraggio
Esempio di ancoraggio acustico Lavazza

Riesci a farti un’idea di quanto è silenziosa Jolie leggendo soltanto il copy? No, vero? Dovresti ascoltarla e confrontare soprattutto il suo suono con la rumorosità di altri suoni quotidiani. E questo Lavazza lo sa. Detto, fatto.

Scrolla la landing e prova l’ebbrezza di un ancoraggio acustico. Poi mi fai sapere nei commenti se hai deciso che Jolie è davvero silenziosa come ti dice Lavazza.

E nel caso ti servisse una macchina per il caffè silenziosa, fammi sapere se ti ricorderai del suono di Jolie o di quello di un’altra macchina da caffè (sempre che i competitor di Lavazza abbiano usato un ancoraggio del genere, ma credo di no).

Distorsioni problemi del bias cognitivo

Attenzione! Se stai pensando di utilizzare la tecnica dell’ancoraggio in un tuo contenuto devi rispettare una regola: non offrire troppe possibilità di scelta.

Un eccesso di opzioni è alla base della paralisi della scelta, che si verifica quando dobbiamo sforzarci di confrontare troppe alternative. In un caso del genere, il carico cognitivo è talmente elevato che preferiamo abbandonare il campo e non agire. 

Il rischio è quello di perdere l’attenzione e l’azione del consumer. Sfrutta tre, massimo quattro alternative. Non andare oltre. E che non siano mai CTA: la call to action deve essere sempre una, chiara, ben evidente e di un colore a contrasto.

Cornice (Framing Effect)

Ecco un altro bias cognitivo che condiziona le nostre preferenze e lo fa attraverso la cornice in cui ci viene presentato un prodotto, un servizio o un brand. 

La cornice, o contesto, è fondamentale per influenzare le percezioni o le interpretazioni dei consumer, e usando l’effetto Framing è possibile mettere sotto una luce positiva quello che potrebbe essere un aspetto negativo, e viceversa.

Come funziona il Framing: esempio

La tua azienda è nata da poco e devi posizionare i prodotti in un mercato con concorrenti consolidati? Usa il copy per presentarti come innovativo, all’avanguardia, tecnologicamente più avanzato e inserisci implicitamente queste caratteristiche nei benefici che otterranno i consumer acquistando da te e non dai tuoi concorrenti. 

Crea negatività per chi non fa parte del tuo brand e usalo per evidenziare in contrasto i benefici positivi che si ottengono scegliendo solo i tuoi prodotti.

Poi, vedrai che nel marketing e in pubblicità vengono usati soprattutto i Framing della perdita e del guadagno. Servono per spingerti a compiere un’azione che ti permette di evitare un problema o che ti garantisce un beneficio futuro.

Il Framing della perdita

Lavora con la paura e prospetta scenari terribili, se non si compie un’azione capace di scongiurare un determinato pericolo. Azione che coincide con quella del messaggio.

Framing del guadagno

Punta tutto su aspetti favorevoli e ti promette, in maniera esplicita o inconsapevole, dei vantaggi pratici e un plus di soddisfazioni solo se compi l’azione desiderata.

Per renderti meglio l’idea di come agiscono questi Framing, guarda lo spot video. Come cambia la tua percezione? Riesci a descrivere questa differenza?

Effetto carrozzone (Bandwagon Effect)

Possiedi un iPhone Apple o lo hai desiderato? Sei un fan di Breaking Bad? Basta un sì a una sola di queste tre domande e rientri già fra le “vittime” dell’effetto carrozzone, probabilmente il bias cognitivo più potente fra quelli che si conoscono.

Cos’è l’effetto carrozzone

Quel meccanismo mentale che ti fa fare ciò che fa la maggior parte della (tua) gente, per emulazione, perché abbiamo bisogno di sentirci rassicurati. È chiaro il concetto. Perché senza una tribù d’appartenenza è come se non avessimo un’identità.

Pensa ai contenuti lasciati dagli utenti. Pensa alle recensioni su TripAdvisor. Sono sicura che se sei alla ricerca di un nuovo hotel per una vacanza o di un nuovo ristorante da prenotare, la tua scelta cadrà su quelli che hanno il maggior numero di recensioni positive (ragion per cui le recensioni positive vengono anche comprate).

Se devi prendere una decisione, un modo per convincerti a farlo è puntare sull’effetto carrozzone. Grazie al Bandwagon Bias sarai portato a dare ascolto agli altri e a fare come loro, sempre che tu ti identifichi in coloro che stanno testimoniando.

Il ruolo della testimonianza

Ed ecco che uno dei modi per sfruttare l’effetto carrozzone nel marketing è quello delle testimonianze (i testimonial in pubblicità). Se devi comprare un divano ti fidi più di cosa ti dice l’azienda produttrice o dei pareri di chi lo ha già acquistato?

Ti fidi più dell’opinione di un consumatore: ha le tue esigenze, vuole i vantaggi che vuoi tu, magari appartiene anche al tuo ceto sociale, ama le stesse cose che tu ami e non è interessato a venderti un prodotto. Non sai decidere fra le proposte?

Passiamo la parola al copywriter professionista: come utilizza il Bandwagon Effect? Con le testimonianze – più sono di persone autorevoli ed esperte, più ti lascerai condizionare – e con i numeri (e la notorietà dei clienti). Ecco gli esempi.

esempio copywriting
I testimonial convincono il cliente.
testimonial
Numeri e testimonianze: funzionano.

Sarai portato a scegliere il prodotto con feedback, sebbene anche un copy che non punta sui testimonial, se ben fatto, riesca a persuadere e a convertire efficacemente. Sappi che l’uso dell’effetto carrozzone non ha limiti. Lo trovi:

  • nelle landing page.
  • nel menù di un sito web (come pagina).
  • all’interno delle headline.
  • nell’oggetto di una newsletter.
  • come tema di un articolo di blog.
  • nelle sales letter.
  • in una brochure.
  • in un catalogo.
  • nelle pagine prodotti di un e-commerce.

L’uso di quella che può essere definita riprova sociale può adattarsi a una serie di strategie. Il web marketing si presta a questo bias cognitivo, usalo al meglio.

Elenco dei bias cognitivi: li trovo tutti?

I bias cognitivi sono infiniti, ce ne sono tanti. Vero, ed è veramente difficile riunire in un’unica lista tutte le distorsioni che influenzano il comportamento umano.

Ad esempio puoi aggiungere all’elenco il bias del cambiamento: (difficile ricordare lo sforzo necessario a cambiare) o l’effetto del contesto dove le attività vengono ricordate meglio se ti trovi nello stesso contesto. Ma se vuoi una lista completa con elenco di tutti i bias cognitivi devi consultare questo schema.

elenco dei bias cognitivi
Cognitive Bias Codex, John Manoogian by Brian Morrissette.

Si tratta di una mappa mentale che racchiude un elenco di tutti i bias cognitivi, o almeno così sembra dato che è immensa. Vuoi consultare questo lavoro?

Avvertenza finale per i digital copywriter

Credo di sapere a cosa stai pensando, alla fine dell’articolo sui bias cognitivi, che intanto spero ti sia piaciuto: “Ok, tutto interessante, ma funziona sempre?”.

Non funziona sempre e non sempre così, perché la psicologia e le neuroscienze sono saperi empirici. Fissano un’ipotesi, osservano, registrano reazioni.

Va da sé che stiamo parlando sempre di pensiero intuitivo, di scelte emotive basate su pregiudizi e di comportamenti umani. Comportamenti che cambiano perché si adattano, quindi in questo ambito non esistono leggi valide per sempre e per tutti.

Da leggere: le formule di copywriting per vendere di più

Bias e tunnel cognitivi: la tua opinione

Del resto, nel marketing vale la regola dei test perché non è possibile prevedere con esattezza come reagiranno i consumer. Una cosa, però, è certa. Se ci tieni alla forma e ti offro uno yogurt con “Solo il 10% di grassi” e uno con il “90% di grassi in meno”, so già quale dei due sceglierai. Scommettiamo? Dimmi quale dei due scegli.

Questo articolo è stato scritto da Nadia Merlo Fiorillo. Copywriter, web writer e ghost writer, scrive testi per siti web, corporate blog, e-commerce, campagne DEM, lead generation e tutto ciò che è funzionale a strategie di Digital Marketing, Brand Positioning e Brand Identity. Ecco il suo profilo LinkedIn.

Riccardo Esposito

Sono un web writer freelance. Mi occupo di scrittura online dal 2009, mi sono specializzato nella stesura di piani editoriali per blog aziendali. Ho scritto 3 libri dedicati al mondo del blogging e della scrittura online (bio di Riccardo Esposito).

Categoria: Scrivere

23 commenti su “Cosa sono i bias cognitivi, come si usano nel copywriting: 3 esempi”

  1. Spunti interessanti Nadia, grazie! Uno dei bias che preferisco utilizzare è quello dell’avversione alla perdita. In pratica le persone sono spinte maggiormente all’azione quando la scelta viene presentata loro sotto forma di perdita invece che di guadagno. Ad esempio, proponendo due “diverse” assicurazioni:

    # Costo 1.600 Euro con sconto di 600 dopo un anno per guida sicura.
    # Costo 1.000 Euro con penale di 600 euro dopo un anno in caso di incidenti.

    Economicamente sono pressoché identiche (1.000 Euro se guidi in sicurezza, 1.600 se fai un incidente) ma il 55% in più di persone sceglie la prima alternativa per evitare il rischio di “perdere” altri 600 Euro in caso di incidente.

    P.S.
    In merito alla tua sfida, un aspetto che va tenuto sempre a mente quando si sfruttano tecniche di neuro marketing, psicologia e persuasione è il livello di competenza del destinatario del proprio messaggio. Nel tuo esempio le due scelte non sono equiparabili in quanto il “90% di grassi in meno” equivarrebbe a “solo il 10% di grassi” in un unico caso: quando lo yogurt è composto al 100% di grasso. A questo si aggiunge il fatto che, in uno yougurt, i grassi variano in media dallo 0,9% al 3,9%. Una persona che cerca di mantenere la propria linea, conscia di questi dettagli, non sceglierebbe mai un prodotto “Solo il 10% di grassi” che, a tutti gli effetti, conterrebbe il 156% in più di grassi di uno yogurt intero (e 10 volte di più di uno magro).

    1. Ciao Filippo. Innanzitutto ti ringrazio per aver apprezzato l’articolo :-).
      Quello che dici è tutto esatto, soprattutto sull’avversione alla perdita, che è uno dei bias più usati. Nel caso del tuo esempio (le due diverse assicurazioni), tuttavia, io vedo all’opera più l’overconfidence bias e la Gambler’s fallacy. Provo a spiegare perché.

      Le persone che leggono le due alternative sono poste di fronte a una previsione: farò o non farò incidenti nel giro di un anno? Quindi, qui è in atto soprattutto un calcolo delle probabilità, che tendiamo a fare non in maniera razionale, ma basandoci sulla sovrastima delle nostre capacità e su quanto ci è già accaduto in passato.
      Scelgo la prima alternativa perché:
      – sono un bravo guidatore, non farò incidenti (overconfidence)
      – ho già fatto incidenti in passato, non ne farò in futuro (Gambler’s fallacy)
      – non ho mai fatto incidenti in passato perché guido molto bene, dunque continuerò a non farne in futuro (overconficende + Gambler’s fallacy).
      Queste, ovviamente, sono motivazioni dovute a delle credenze.

      Perché agisca l’avversione alla perdita, devo fare un calcolo non indifferente: devo prima supporre che farò incidenti (come decido che li farò?), poi prendere i 600 euro di penale e aggiungerli ai 1000 euro iniziali di costo, ottenere i 1600 euro e paragonarli alla prima offerta, che mi sembrerà migliore “nel caso in cui io non faccia incidenti in futuro” (ma chi me lo dice?).
      Quando si parla di bias – e tu me lo insegni visto che li usi – la decisione si basa su opinioni, non su procedimenti logici o su calcoli matematici. Ecco perché la mia impressione è che il 55% scelga la prima opzione, invece della seconda.
      Ma potrei sbagliarmi, visto che siamo nell’ambito delle supposizioni.
      Interessante sarebbe sapere da chi acquista perché ha scelto la prima proposta e non la seconda :-).

      In merito allo yogurt, il tuo discorso non fa una piega se sfido un target preliminarmente segmentato (target molto competente e profondo conoscitore delle percentuali di grasso in uno yogurt). Se invece miro al target di chi acquista gli yogurt in generale e punto la leva sulla “moda” del light, faccio agire il bias visivo dell’ordine di grandezze. In tal caso, fra 10% di grassi e 90% di grassi in meno, io tenderò a preferire la prima scelta:
      – perché 10 è minore di 90
      – perché associando 10 e 90 a grassi, mi illudo che in uno yogurt col 10% di grassi ci siano meno grassi e in uno col 90% ce ne siano di più
      – perché salto il calcolo richiesto da quel “meno”.

      Poi, considerando che il mio articolo si rivolge a persone di cui non conosco le preferenze alimentari (non so se tu compri yogurt, se segui la moda del light o se sei un ipercompetente di grassi dello yogurt), la sfida gioca solo su un’illusione “ottica” ;-).
      Infine, considera che quando dico 10% di grassi in meno, non sto dicendo necessariamente che il 10% è tale su un 100%. Posso anche riferirmi al fatto che, su un contenuto totale di grassi compreso fra lo 0,9% e il 3,9%, in questo yogurt ce n’è solo il 10%. Ma qui siamo nell’ambito di un calcolone, nemmeno di un calcolo :-).

      Spero di non essere stata troppo prolissa e noiosa nella risposta.
      Intanto, ti ringrazio anche per questo confronto che ho trovato davvero molto stimolante!

  2. Ottimo articolo Riccardo. Gran parte dei bias cognitivi si fonda sempre sulle regole della comunicazione persuasiva del mitico Rober Cialdini (pietra miliare e libro che consiglio di leggere a chiunque lavori nel web marketing).

    1. Michele, grazie mille per il tuo intervento! Se hai letto Le armi della persuasione, ti consiglio anche il De oratore di Cicerone, insieme alla Retorica e al De Anima di Aristotele: ci troverai le “origini” degli studi di Cialdini, insieme a tante altre interessantissime analisi sul linguaggio persuasivo e sulla psicologia di noi esseri così influenzabili :-).

  3. Luisella Curcio

    Ecco non conviene commentare da mobile. Ho notato una serie di strafalcioni. Spero che il messaggio sia passato comunque.Grazie ancora e buon lavoro.
    Luisella

    1. Riccardo Esposito

      Non ti preoccupare Luisella, il messaggio è arrivato forte e chiaro. Ti ringrazio per aver letto l’articolo, passa da qui quando vuoi.

  4. Bellissimo articolo, molto interessante e stimolante, visto che mi accingo ad aprire un sito web dove dovrò persuadere i miei clienti che sono il migliore sulla piazza 😉
    Brava Nadia!

  5. Jacopo Lazzarin

    Articolo veramente interessante! Vale sempre la pena approfondire questi argomenti. Detto questo, penso che sceglierei lo yogurt con “solo il 10% di grassi”. A livello psicologico penso che la mia mente cercherebbe di associare la parola negativa (grassi) con un numero basso (10%) in più la parola “solo”, rassicura molto il potenziale acquirente…è un po’ come se gli dicesse “dai, un piccolo sgarro lo puoi fare”.

    1. Riccardo Esposito

      Ma anche al fatto che in fin dei conti qualcosa di grasso dovrà pur esserci: oltre al concetto di sgarro c’è anche quello di onestà. Ti fidi di chi sostiene di creare uno Yogurt senza grassi? Un minimo c’è e te lo diciamo.

    2. Penso anch’io che la tua mente associ il numero basso con la parola “grassi”, Jacopo 😉
      E ti ringrazio per aver apprezzato l’articolo!

  6. Grazie Nadia, consigli molto interessanti per chi, come me, si avvicina a questa professione. E grazie per i tuoi consigli anche sulla pagina Facebook.

  7. Ciao a tutti, voglio fare una tesi sui bias cognitivi nella pubblicità, oltre a “pensieri lenti e veloci” di Kahneman avresti libri da consigliarmi?

    1. Ciao Andrea, c’è una bibliografia sconfinata sui bias cognitivi, che restano innanzitutto meccanismi psicologici e di fallacia logica. Poi, di volta in volta vengono considerati in un particolare ambito, che può essere appunto quello del mktg, dell’Adv, della politica, ecc. Innanzitutto, ti consiglio di spulciarti questi risultati scholar.google.it/scholar?hl=it&as_sdt=0%2C5&as_vis=1&q=cognitive+bias+in+advertising&btnG=
      (sempre in questa pagina, fai una ricerca con nome di un bias specifico + advertising e otterrai altra bibliografia).
      Una lettura interessantissima è “Trappole mentali” di Motterlini. Di bias cognitivi ha parlato anche Annamaria Testa (che di pubblicità ne sa un bel po’). Cerca nel suo sito nuovoeutile.it: troverai un articolo sul tema, che rimanda ad approfondimenti.
      Poi: cerca in rete gli articoli di Business Insider su bias e pubblicità.
      Insomma, pesca quello che ti è più utile 🙂

  8. volevo chiedervi pure da che fonti avete tratto questo articolo e volevo congratularmi per la qualità delle informazioni

    1. Da contenuti cartacei e online che trattano i bias in funzione del copy. In rete, comunque, c’è tantissimo: basta solo fare attenzione alla credibilità e all’autorevolezza di chi scrive e dei siti su cui scrive.
      Ciao!

  9. mi dareste dei casi concreti di pubblicità|comunicazione food in cui sono presenti l’euristicA della disponibilità e della rappresentività?

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